La conferma sulla composizione dell’esplosivo, l’eventualita’ di un’esplosione accidentale e il ritrovamento, tra le macerie, di quello che, forse, e’ l’interruttore che ha provocato la Strage della stazione di Bologna, 85 morti e oltre 200 feriti. Sono gli elementi principali della perizia chimico-esplovistica disposta nel processo a Gilberto Cavallini, ex Nar accusato ormai a 39 anni di distanza di concorso nell’attentato e depositata, dopo varie proroghe, dagli esperti Danilo Coppe e Adolfo Gregori, incaricati dalla Corte di assise. Il geomineralista e il tenente colonnello del Ris di Roma hanno analizzato gli studi fatti all’epoca, integrandoli con i reperti rinvenuti tra l’altro su un cartellone affisso nella sala d’aspetto, su alcuni oggetti consegnati dai parenti delle vittime, su parti di terriccio conservate dall’epoca e, soprattutto, nelle macerie rimaste per anni esposti alle intemperie ai Prati di Caprara, una vecchia caserma nella periferia. Proprio tra questi e’ stato trovato un oggetto, che potrebbe essere l’interruttore. Con una levetta simile a quelle usate nell’industria automobilistica, “la sua deformita’ lo fa ritenere molto vicino all’esplosione”.
E in una sala d’attesa di una stazione ferroviaria, dicono i periti, “secondo chi scrive non aveva ragione di esserci”. Dispositivi simili, osservano inoltre i periti, risultano essere stati trovati nell’ordigno destinato a Tina Anselmi e in quello trasportato da Margot Christa Frohlich quando venne arrestata a Fiumicino nel 1982. Quest’ultima e’ una figura conosciuta dalle inchieste sulla Strage: si tratta, infatti, della terrorista tedesca indagata e poi archiviata insieme a Thomas Kram nella cosiddetta ‘pista palestinese’, ipotesi alternativa a quella accertata dalle sentenze passate in giudicato. Nella perizia si conferma, poi, che la bomba era costituita “essenzialmente da Tnt e T4 di sicura provenienza da scaricamento di ordigni bellici e da una quantita’ apprezzabile di cariche di lancio (che giustifica la presenza di nitroglicerina e degli stabilizzanti rinvenuti)”. Inoltre, “non si puo’ escludere completamente la presenza di una percentuale di gelatinato a base di nitroglicerina”.
Si tratta di un passaggio che ha colpito gli avvocati di parte civile: “E’ una conferma – dice Andrea Speranzoni, che assiste i familiari delle vittime – di quanto dichiarato dai pentiti, come Sergio Calore e Paolo Aleandri”. La perizia parla di “congruenza” con queste dichiarazioni e che quindi potrebbe collegare l’esplosivo a quello utilizzato in quel periodo dal terrorismo di destra. Ma nelle conclusioni dell’elaborato si legge anche che su basi esclusivamente probabilistiche “si ritiene che, se c’era un dispositivo tra la sorgente di alimentazione e l’innesco, questo poteva essere un timer meccanico. Non si esclude pero’, in via ipotetica, che l’interruttore di trasporto fosse difettoso o danneggiato tanto da determinare un’esplosione prematura-accidentale dell’ordigno”. Un elemento definito “significativo e innovativo” dall’avvocato Gabriele Bordoni, difensore di Gilberto Cavallini, come anche il fatto che secondo i periti, nella sala d’attesa della stazione di Bologna non c’erano le condizioni perche’ un corpo venisse completamente dematerializzato.