“Buonasera, guardi, mi hanno rubato la borsa, sto in piazza Gioacchino Belli, pero’ questi ragazzi io li chiamo e mi chiedono il riscatto dei soldi e tutto quanto… e io purtroppo devo fare una denuncia, dentro ho i documenti, non dico i soldi, codice fiscale e la patente, tutto… se potete venire… almeno vi do’ il numero eh.. se loro mi rispondono voi potete rintracciarli… perche’ mi sono anche scappati, li ho visti pure io ma sto appresso con la bicicletta e non li ho presi…”. Questa e’ la prima parte della telefonata al 112 – pubblicata in esclusiva da Agi – fatta la sera del 26 luglio dall’uomo con il borsello, derubato dai due giovani americani che poi hanno ucciso il vicebrigadiere Mario Cerciello Rega.
Il carabiniere della sala operativa chiede: “Come sono scappati, in motorino a piedi, come stanno questi?”. “No no, a piedi, a piedi”, e’ la risposta dell’uomo con il borsello. “Cioe’ lei li chiama e le chiedono i soldi?”, ripete il carabiniere al telefono. “Si’ – insiste il denunciante -, se no non mi ridanno la borsa con i documenti dentro… Io sto in piazza Gioacchino Belli, sono con una bicicletta grigia, mi vedete davanti al bar, sto in pantaloncini blu, scarpe bianche, almeno vi do’ il numero, provo a chiamare e gli dico si’ va bene vi do’ i soldi, cosi’ almeno mi danno i documenti…”. “Va bene, attenda li’ stiamo arrivando, arrivederci”. Cosi’ si chiude la conversazione dell’uomo con il borsello e l’operatore del 112. La telefonata, acquisita agli atti dell’inchiesta della procura di Roma, e’ un’esclusiva di Agi.
La chiamata al 112 dell’uomo derubato dai due americani e’ la prova ulteriore che non ci sono misteri sulle ragioni che hanno portato i carabinieri a intervenire la notte del 26 luglio scorso in soccorso di Sergio B., il proprietario del borsello. La versione che l’uomo fornisce al 112, del resto, risulta confermata dalle immagini ricavate dalle videocamere di sorveglianza della zona che hanno immortalato due giovani avvicinarsi prima a un uomo in bicicletta e poi allontanarsi di corsa a piedi con il bottino fra le mani. L’audio e il video sono concordanti e rafforzano il quadro probatorio emerso dalle testimonianze e dagli interrogatori.
C’e’ una seconda telefonata al 112 – che Agi e’ in grado di far ascoltare – che la sera del 26 luglio scorso Sergio B., il proprietario del borsello derubato dai due americani, fa con la centrale operativa. Stavolta e’ l’operatore dei carabinieri a mettersi in contatto con l’uomo, chiamato sul cellulare del passante dal quale poco prima era partita la richiesta di intervento. “Salve e’ il signor Sergio?”, e’ l’esordio del carabiniere… “No, io sono il ragazzo che lo ha fatto chiamare, lui sta in piazza Gioacchino Belli…”. “Ce l’ha a vista?”, “Si’, eccolo”. A questo punto il passante lascia il telefono a Sergio che dice all’operatore del 112: “Guardi io sto in piazza Gioacchino Belli”.
“Voglio sapere – domanda l’operatore dei carabinieri per avere conferma ulteriore – le hanno chiesto dei soldi in cambio, ma queste persone sono li’ con lei?”. Sergio B. “Queste persone sono scappate, hanno preso proprio la borsa”. “E che cosa le hanno detto per restituire la borsa?”, “Mi chiedono 80-100 euro – e’ la risposta -, io gli ho detto ‘guarda tu porta, ma io ti do’ i soldi, li ho visti scappare verso una traversa, gli sono corso appresso in bicicletta”. “E allora – avverte il carabiniere del 112 – le mando una pattuglia, ha capito perche’… volevo sapere se erano ancora li’, cercavo di mandare qualcuno”. E Sergio B.: “Cosi’ do’ anche il numero mio per richiamarli vediamo se li rintracciamo”. “Io intanto le mando una pattuglia, poi parla direttamente con i colleghi. Arrivederci”, chiude cosi’ la conversazione l’operatore del 112.