Gli Usa tornano alla carica, Trump vuole comprare la Groenlandia. Ecco perché

Gli Usa tornano alla carica, Trump vuole comprare la Groenlandia. Ecco perché
16 agosto 2019

La proposta del presidente americano, Donald Trump, di valutare l’acquisto della Groenlandia non e’ una provocazione, ne’ tantomeno una boutade elettorale ma fa parte della strategia d’espansione americana adottata sin dalla seconda meta’ dell’Ottocento e ora rafforzata in chiave anti-Cina e anti-Russia. Oggi la Groenlandia torna a essere allettante per Washington grazie in primis al cambiamento climatico che ha reso l’isola piu’ grande del mondo, con una superficie di oltre 2,1 milioni di chilometri quadrati, molto piu’ vivibile e sfruttabile, non solo militarmente ma anche economicamente. Grazie a un trattato tra gli Stati Uniti e la Danimarca, la Groenlandia, che tecnicamente fa parte del Nord America, e’ gia’ sotto l’influenza americana: qui si trova la base militare Usa piu’ a nord, Thule Air Base, a soli 1.200 chilometri dal Circolo polare. Ma la Cina avanza con una velocita’ che turba non poco la Casa Bianca, in piena guerra commerciale con Pechino.

In ogni caso, la notizia dell’interesse di Donald Trump per l’acquisto della Groenlandia può apparire balzana, ma i precedenti storici non mancano. Già nel 1946, Washington provò a comprare questo territorio autonomo danese, considerato d’importanza strategica. Del resto nel 1867 il presidente americano Andrew Johnson acquistò l’Alaska dalla Russia per 7,2 milioni di dollari. Nel 1946, sotto la presidenza di Harry Truman, gli Stati Uniti offrirono 100 milioni di dollari in lingotti d’oro per comprare la grande isola, di cui apprezzavano la posizione strategica. L’offerta fu fatta in segreto e i dettagli furono rivelati solo nel 1991 da un giornale danese che ebbe accesso a documenti appena desecretati. Allora, racconta al Washington Post lo storico Ronald Doel, il consenso generale fra i vertici della difesa era che il territorio fosse “indispensabile per la sicurezza degli Stati Uniti” e “senza valore per la Danimarca”. I danesi però non erano d’accordo. Il segretario di Stato James Byrne riferì in un cablogramma che il collega danese Gustav Rasmussen rimase scioccato quando gli fu accennata la proposta nel dicembre 1946 a New York. Copenaghen lo considerò allora “un insulto”, nota Doe.

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La vicenda emerse altre volte. Nel 1947 la rivisita Time scrisse che Washington aveva proposto a Copenaghen di cancellare i 70 milioni di dollari di debiti del paese, in cambio della Groenlandia. Nel 1970, l’allora vice presidente Nelson Rockfeller suggerì nuovamente l’acquisto, per poter sfruttare le risorse minerarie. Nel 1946 l’interesse strategico, mentre si preparava la guerra fredda, era molto alto: a metà strada fra gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica, il territorio era la base ideale per radar e aerei, ma poteva anche servire a testare armi e comunicazioni in condizioni di freddo estremo o con le strane luci dell’aurora boreale. Oggi si aggiunge l’importanza della Groenlandia come base meteo per monitorare gli effetti dei cambiamenti climatici, mentre lo scioglimento dei ghiacci apre nuove vie di navigazione commerciale e militare lungo le sue coste. La questione strategica per gli Stati Uniti fu comunque risolta con un trattato firmato con i danesi nel 1951, grazie al quale il Pentagono costruì in Groenlandia la base aerea di Thule, la più settentrionale e una delle più grandi della difesa americana.

A questo punto qualche lettore si sarà chiesto cosa pensino di tutto ciò gli abitanti della Groenlandia. Apparentemente, stando ai documenti desecretati del dipartimento di Stato, nessuno se ne curò. Le carte americane di allora parlano della presenza sul territorio di 600 danesi, ignorando completamente l’esistenza degli indigeni inuit. E nel 1951, quando fu costruita la base di Thule, i nativi vennero forzosamente trasferiti in un nuovo insediamento, 100 chilometri più a nord. Oggi la Groenlandia ha una popolazione di quasi 56mila abitanti, l’88% dei quali inuit, dispersi su un territorio di oltre 2 milioni di chilometri quadrati.

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IL NO DELLA GROENLANDIA

La Groenlandia ha mandato un messaggio a Donald Trump, secondo il Wall Street Journal interessato a comprare il territorio danese: non e’ in vendita. In un tweet il ministero degli Esteri ha scritto: “La Groenlandia e’ ricca di risorse di valore come minerali, l’acqua e il ghiaccio piu’ puri, pesce, frutti di mare, energia rinnovabile ed e’ una nuova frontiera per il turismo d’avventura. Siamo aperti al business ma non siamo in vendita”. Il governo della Groenlandia – dove Trump e’ atteso il mese prossimo – ha autonomia su molte delle questioni interne ma la politica estere e della sicurezza e’ gestita da Copenhagen. Uno dei due membri che rappresentano il territorio al parlamento danese, Aaja Larsen, ha a sua volta twittando dicendo: “No, grazie all’acquisto della Groenlandia da parte di Trump! Al contrario, una partnership migliore e piu’ equilibrata con la Danimarca dovrebbe essere la rotta da seguire per una Groenlandia piu’ forte e libera nel lungo termine”.

Le reazioni di altri politici danesi sono state all’insegna dell’incredulita’. Lars Lokke Rasmussen, fino allo scorso giugno il primo ministro danese, ha twittato: “Deve essere uno scherzo da Pesce d’aprile”. Martin Lidegaard, ministro danese degli esteri fino al 2015, gli ha fatto eco: “Trump che compra la Groenlandia? Si spera sia uno scherzo altrimenti e’ un’idea terribile, con il rischio di una militarizzazione della Groenlandia e meno indipendenza per la sua gente oltre a essere una grave perdita per la Danimarca”. Va detto che Trump non e’ il primo presidente Usa ad avere messo gli occhi su un territorio considerato strategico per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, che la’ hanno una base militare dove Washington ha virtualmente diritti illimitati grazie a un vecchio accordo con la Danimarca. Dopo la Seconda guerra mondiale, il presidente Harry Truman nel 1946 propose l’acquisto del territorio per 100 milioni di dollari ma la Danimarca disse no. Prima ancora nel 1867 il dipartimento di Stato aveva messo gli occhi su Groenlandia e Islanda, senza successo. Fino ad ora gli Usa sono riusciti a contenere le mire della Cina nel territorio: nel 2018, ricorda il Wsj, il Pentagono ha bloccato il tentativo di Pechino di finanziarie tre aeroporti sull’isola.

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