La nascita del governo Conte 2 rallenta il cammino ormai segnato del taglio del numero dei parlamentari: il passaggio mancante, l’ultima lettura alla Camera, prima della crisi aperta da Matteo Salvini era stato fissato per il 9 settembre mentre oggi, all’indomani della fiducia al nuovo esecutivo, sparisce dai radar del calendario dell’aula di settembre. La prima conferenza dei capigruppo di Montecitorio dell’era del Conte 2 produce un programma ristrettissimo, relativo soltanto alla prossima settimana: quattro ratifiche e la discussione sulla relazione della Giunta per le immunità sulla richiesta di arresto del deputato di Fi Diego Sozzani, coinvolto nell’inchiesta ‘Mensa dei poveri’ della Dda milanese. Sia l’aula che le commissioni parlamentari prima di ripartire attendono che sia completa la squadra dell’esecutivo, dunque che giurino i sottosegretari.
Non ne fa un mistero nemmeno il capo politico M5s Luigi Di Maio che già ieri sera, intervistato a Di Martedì su La7, annunciava: “Ad ottobre si devono tagliare definitivamente i parlamentari, servono due ore di lavoro ed è fatta”. E se la riduzione dei parlamentari slitta a ottobre, parte con il freno a mano tirato anche la discussione sulla riforma della legge elettorale, una discussione per ora tutta interna al Pd. Ieri una prima riunione si è tenuta al Senato: presenti il capo delegazione dei ministri Pd, Dario Franceschini, i capigruppo dem, Andrea Marcucci e Graziano Delrio, i capigruppo dem nelle commissioni Affari Costituzionali di Camera e Senato, Gennaro Migliore e Dario Parrini, e il responsabile riforme al Nazareno Andrea Giorgis. Oggi Marcucci spiega alla stampa estera che si va “verso un proporzionale vedremo con quali correttivi” ma due padri nobili del partito democratico bocciano questa impostazione.
Ieri Walter Veltroni, ospite di Cartabianca su Raitre, diceva: “Si sono fatte tutte le leggi elettorali pensando che convenissero a chi le faceva. Io continuo a rimanere dell’idea che questo paese ha bisogno di governabilità, la democrazia ha bisogno di governabilità. Se torniamo al proporzionale sarà il festival della frammentazione, dei governi fatti senza nessun potere dei cittadini, del potere di ricatto di piccoli partiti del 4 o del 5% che dicono o mi dai la presidenza dell’Eni o faccio cadere il governo. Lo abbiamo già visto questo film e abbiamo fatto tanto perché non si dovesse più rivedere”.
E Romano Prodi, la scorsa settimana, in una lettera al Corriere della Sera, ricordava quanto ribadito quest’estate alla festa nazionale dell’Unità a Ravenna: “Sono sempre stato favorevole al sistema elettorale maggioritario e lo sono tuttora. Una legge elettorale non è fatta per fotografare il Paese, ma per dargli una maggioranza di governo possibilmente stabile”. Una cosa è certa: la riforma della legge elettorale partirà solo dopo il taglio di deputati e senatori e camminerà insieme alla riforma dei regolamenti parlamentari e anche a un pacchetto di riforme costituzionali di cui si è fatto accenno già ieri alla riunione Pd al Senato: al taglio dei parlamentari, riferiscono fonti dem, dovrà corrispondere innanzitutto una riduzione del numero dei delegati regionali chiamati a eleggere il presidente della Repubblica (attualmente tre per Regione, a eccezione della Val d’Aosta che ne ha uno solo); inoltre si pensa anche a una sorta di ‘bicameralismo differenziato’ per dare al Senato, eletto su base regionale, competenze maggiori per quanto riguarda l’autonomia.