Standing ovation per Carola Rackete a Bruxelles dove è stata ascoltata davanti alla Commissione per le libertà civili, giustizia e affari interni (Libe) del Parlamento europeo. Rackete è la capitana della Sea Watch 3 rimasta con l’equipaggio e 53 migranti salvati dal mare per oltre due settimane al largo di Lampedusa, finché non ha deciso autonomamente di entrare in porto senza autorizzazione.
“Dove eravate quando abbiamo chiesto aiuto in tutti i modi attraverso canali mediatici e diplomatici di sbarcare – ha detto, sottolineando che le attenzioni delle istituzioni sono arrivate solo dopo la sua decisione di forzare il blocco. “L’unica risposta, che ho ottenuto alla mia richiesta di sbarco è stata quella di Tripoli, dove i diritti umani vengono sistematicamente violati”.
Un grido d’accusa lanciato nel giorno in cui si ricorda la più grave strage del Mediterraneo. 368 persone morte a poca distanza dalle coste italiane di Lampedusa, il 3 ottobre del 2013. “Nessuna di queste esperienze – dice dopo aver ricordato le troppe volte in cui hanno dovuto ripescare cadaveri in mare – è stata distruttiva e frustrante come stare per 17 giorni ferma dovendo spiegare ai sopravvissuti che l’Europa, la culla dei diritti umani e delle libertà non non riteneva che potessero toccare le sue coste. È stato duro essere cittadina europea, è stata una vergogna vedere questo atteggiamento”.
Sei anni fa il naufragio a Lampedusa in cui morirono 368 persone
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