Emilia Romagna, Pd-M5S rischiano altra batosta. Salvini vento in poppa

Emilia Romagna, Pd-M5S rischiano altra batosta. Salvini vento in poppa
Matteo Salvini
30 ottobre 2019

La Lega con il “vento in poppa” guidata da un Matteo Salvini, “piu’ forte che mai” grazie alla capacita’ di “battere il territorio quartiere per quartiere” con alle spalle una coalizione di centrodestra “solida di alleati fedeli” in grado di garantire stabilita’ all’azione di governo. Dall’altra parte un’alleanza Pd-5Stelle ancora da cementare in cui manca, per colmare le lacune dei “leader zoppi” giallorossi, una sorta di “demiurgo”, ovvero, un “Berlusconi di centrosinistra” capace di agire come “reale collante” archiviando dissidi interni ed un passato tra due partiti che, fino a qualche mese fa, “si guardavano in cagnesco”. Uno scenario politico che rende l’Emilia Romagna, roccaforte rossa in bilico, ora piu’ che mai “contendibile”. E’ l’opinione di uno dei principali analisti dell’Istituto Cattaneo, Rinaldo Vignati, intervistato dall’Agi che, in vista delle elezioni regionali del 26 gennaio prossimo descrive una “situazione molto fluida”.

“Alcuni sondaggi – spiega Vignati – danno la vittoria del centrodestra, altri del centrosinistra”. Comunque, da tutte le rilevazioni emerge “una percentuale elevatissima di indecisi e il risultato dipendera’ da come i partiti e le coalizioni affronteranno questa campagna elettorale”. I ‘giochi’ sono gia’ partiti. Nel centrodestra il quadro e’ ben definito, con Salvini pronto a “piantare la tenda” in Emilia Romagna a sostegno della candidata leghista Lucia Borgonzoni. Il centrosinistra, invece, punta tutto sul governatore uscente Stefano Bonaccini, ma resta il nodo dell’alleanza con i 5 Stelle. Se il pentastellato, Luigi di Maio, avrebbe intenzione di chiudere la porta al Pd, Bonaccini non demorde e continua a tendere la mano ai ‘grillini’ per costruire un’alleanza larga. Dopo il risultato dell’Umbria “non e’ automatico – ha precisato Vignati- che l’alleanza Pd-5Stelle non possa avere un futuro anche perche’ la situazione in questa regione e’ diversa e per certi versi puo’ essere guardata con un po’ piu’ di ottimismo”.

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Il paragone e’ con un investitore in Borsa “le cui azioni hanno perso da un giorno all’altro il 10 per cento del valore e ora deve decidere cosa fare: venderle subito – ha spiegato l’analista dell’Istituto Cattaneo – per la paura che perdano ulteriormente valore, oppure tenerle per altri due anni con la speranza che il valore venga recuperato. Interrompere adesso l’alleanza rischia di aprire un’autostrada a Salvini e al centrodestra” perche’ pensando ai risultati in Emilia Romagna delle scorse elezioni europee “il Pd rischia da solo di non avere la forza per contrastare gli avversari”. Tuttavia “fare un investimento a lungo termine e cercare di consolidare una vera alleanza – e’ il pensiero dello studioso – e’ un compito molto complicato e pieno di incognite”. Punti interrogativi legati alle posizioni a volte contrastanti dei leader nazionali giallorossi, all’azione politica di governo e ai ‘match’ pregressi tra i due partiti. “Gli elettori non sono burattini. Fino a pochi mesi fa il Pd era per il M5S il partito di Bibbiano – ha ricordato Vignati – e i 5 Stelle per il Pd erano un partito di ‘fascismo tecnologico’. Per due partiti che fino a pochi mesi fa si guardavano in cagnesco, non si puo’ costruire il senso di una vera alleanza dall’oggi al domani. Tutti gli attori coinvolti devono essere convinti”.

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Per Vignati, manca insomma un collante. Come avvenne nel 1994 con l’entrata il campo del Cavaliere capace di unire gli sguardi di partiti di centrodestra, sulla carta inconciliabili, (An e la Lega di Bossi): “ci vorrebbe un Berlusconi di centrosinistra. Invece – questa l’analisi di Vignati – non c’e’ un vera figura carismatica, i leader sono tutti un po’ zoppi. Di Maio non si sa quale controllo abbia sui gruppi parlamentari o quale sia la sua vera autonomia rispetto a Grillo e Casaleggio. Zingaretti ha molti limiti, con il costante fiato sul collo di Renzi che, dal canto suo, guida un partito appena nato di cui non si conosce ancora la forza reale”. L’Istituto Cattaneo ha analizzato i dati in Emilia Romagna delle elezioni europee del maggio scorso: “La somma di Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia era pari al 44% dei voti complessivi. La stessa percentuale se si considera il Pd insieme ai 5 Stelle. Dunque i due blocchi si equivalevano”. Ma con un avvertimento: “In politica 2 piu’ 2 non fa sempre 4, a volte fa 3 e a volte 5. Se per il centrodestra l’impressione e’ che queste percentuali si possano sommare anche politicamente, non vale lo stesso per Pd e 5 Stelle”.

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