C’era baruffa nell’aria. I tumultuosi due giorni a Londra del vertice Nato si sono conclusi e quello che ne rimane sono polemiche ancora calde e un grosso punto di domanda su quali siano i veri nemici (a partire dalla Russia) o gli obiettivi e soprattutto sul futuro dell’alleanza, che in questi giorni ha compiuto 70 anni. Già il vertice si era aperto non sotto i migliori auspici. Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump aveva affermato che il Canada è solo “leggermente insolvente” rispetto ad altri alleati della Nato che non riescono a raggiungere i loro obiettivi di spesa per la difesa.
Per poi aggiungere: “Alcuni sono gravemente insolventi, ben al di sotto dell’uno per cento del Pil (di spesa per la Nato), e quindi se succede qualcosa, dovremmo difenderli? E non è proprio giusto”. Il tono di Trump è stato criticato da più parti. Definito “minaccioso”, da “boss mafioso”. Dopo, le cose sono solo peggiorate. In conferenza stampa con Jens Stoltenberg, segretario generale della Nato, Trump ha osservato di poter ben immaginare che la Francia si “stacchi” dall’alleanza, osservando che qualora lo facesse, “avrebbe bisogno di protezione più di chiunque altro”. Poi sono arrivate le immagini del ricevimento a Buckingham Palace: Justin Trudeau, il primo ministro canadese (amico di Barack Obama), pensando di essere al riparo dalle telecamere, si è messo a deridere Trump con le controparti britanniche, francesi e olandesi. Reazione: Trump ha annullato la conferenza stampa di chiusura e se ne è andato sbattendo la porta.
Ma sebbene il presidente americano sia stato la pietanza più gustosa per i commentatori, le recenti osservazioni del capo di Stato francese Emmanuel Macron, hanno fatto da companatico. In un’intervista del 7 novembre, il capo dell’Eliseo aveva parlato di “morte cerebrale” dell’alleanza per la mancanza di una decisione coordinata in casi come la Siria. Nelle settimane successive Macron è tornato alla carica: 13 soldati francesi morti in un incidente in elicottero in Mali sono stati lo spunto. Il terrorismo, non la Russia, è il “nemico comune” della Nato. Il 4 dicembre Macron ha twittato che la Russia è una “minaccia”, ma “non è più un nemico” e “anche un partner su determinati argomenti”. Parole che ovviamente non sono piaciute ai leader dell’Europa orientale: per loro Macron sta minando un consenso che è stato minuziosamente forgiato negli anni dall’annessione della Crimea alla Russia e dall’invasione dell’Ucraina nel 2014. Mentre altri alleati europei potrebbero avere un’idea diversa, anche se per ora non espressa apertamente. Intanto in serata è atteso il ministro degli esteri russo Sergey Lavrov, a Roma, per il vertice Med 2019.