Le elezioni a dicembre non sono mai una buona idea. Ma le Politiche in Gran Bretagna di giovedì prossimo, le prime nel mese più buio in quasi un secolo, lo sono ancor meno. Con il Paese diviso e la roulette della Brexit sempre più insidiosa, la settimana per Boris Johnson si fa complicata. E anche i sondaggi cominciano a indicare segni di cedimento e stanchezza dell’elettorato: ci si sta dirigendo verso un parlamento sospeso poiché la crescita conservatrice si è fermata mentre i laburisti continuano a guadagnare. Se prima i sondaggi lasciavano ai Tories ampio margine, ora si fanno più incerti. Il partito conservatore del primo ministro ha visto il suo vantaggio sul partito laburista dell’opposizione ridursi a sei punti. E alla luce del passato, non è un buon segno. Già nel 2017, infatti, i conservatori, guidati dall’allora primo ministro Theresa May, stavano per ottenere una larga maggioranza, prima di inciampare in campagna elettorale. E ora il risultato delle elezioni generali del 2019 – anno ampiamente dominato dalla Brexit, o meglio dalla sua promessa – potrebbe avere enormi conseguenze, ad esempio per il confine irlandese.
Il risultato complessivo in Gran Bretagna è importante per il confine quanto i 18 seggi nell’Irlanda del Nord. Potrebbe determinare se esiste un confine duro o morbido, se esiste un confine terrestre o uno nel Mare d’Irlanda o se il Regno Unito non lascerà affatto l’Ue oppure sì. Il rischio resta sempre lo stesso però, che a vincere sia il populismo. Di certo, se Johnson non avrà la maggioranza non riuscirà a far approvare le norme per il divorzio dall’Ue entro il 31 gennaio. Intanto, la ministra dell’Interno britannico Priti Patel, membro del governo conservatore guidato da Boris Johnson, ha annunciato l’intenzione di modificare in senso restrittivo le procedure di ingresso nel Regno Unito per i cittadini dell’Unione europea. Questo annuncio si inserisce nel contesto della campagna elettorale britannica: il Paese e’ chiamato alle urne il prossimo 12 dicembre. Vediamo meglio i dettagli di questa proposta e cosa potrebbe cambiare per i cittadini europei.
UNO SCENARIO DA BREXIT La proposta del ministra Patel di imporre maggiori oneri ai cittadini Ue per l’ingresso nel Regno Unito fa ovviamente riferimento a uno scenario post-Brexit, in cui Londra abbia abbandonato l’Unione europea. La sua proposta sarebbe altrimenti contraria al diritto comunitario. Ma l’eventualita’ che alla fine la Brexit ci sia non e’ ancora sicura. Il partito conservatore guidato da Boris Johnson e’ avanti nei sondaggi, ma questo vantaggio – se confermato nelle urne – dovrebbe poi tradursi effettivamente in una maggioranza parlamentare e con il sistema dei collegi uninominali previsto dalla legge elettorale britannica non e’ cosi’ scontato. Inoltre la maggioranza parlamentare dovrebbe approvare il testo dell’accordo di uscita dalla Ue negoziato da Johnson, e avallato dalla Commissione Ue lo scorso 17 ottobre. Solo a quel punto ci sarebbe la sicurezza della Brexit. Ipotizziamo che tutto questo succeda. Come dovrebbe cambiare la situazione per i cittadini Ue?
CHE COSA CAMBIA? I dettagli della proposta del governo britannico non sono ancora noti. Tuttavia, da quanto riporta la Bbc, la ministra Priti Patel ha annunciato in particolare l’intenzione del governo di introdurre uno schema di esenzione dal visto (Electronic Travel Authorisation, o Eta) per i cittadini Ue, simile a quello gia’ previsto dagli Stati Uniti, l’Esta (Electronic System for Travel Authorization). In base all’Esta, i cittadini dei Paesi per cui non e’ richiesto il visto e che intendono restare – per vacanza o per affari – meno di 90 giorni negli Stati Uniti devono chiedere un’apposita autorizzazione (almeno 72 ore prima della partenza), fornendo diverse informazioni personali (tra cui i dati del passaporto, che poi sara’ necessario avere con se’), e pagare una tassa d’ingresso di circa 14 dollari. Anche l’Unione europea si sta dotando di un sistema analogo, che dovrebbe vedere la luce nel 2021, per il controllo delle proprie frontiere esterne: l’Etias (European Travel Information and Authorization System). Anche in base a questo sistema, i cittadini di Paesi terzi per cui non e’ richiesto il visto (piu’ di 60, tra cui Stati Uniti, Giappone, Australia, Canada e Ucraina) dovrebbero comunque chiedere un’autorizzazione preventiva, fornendo determinate informazioni, e pagare una tassa di 7 euro. L’imposizione di visti tra Regno Unito e Ue, in caso di Brexit, e’ esclusa dall’articolo 14 dell’accordo di uscita.
L’adozione da parte britannica di un sistema simile all’Esta significherebbe in sostanza mantenere condizioni facilitate per l’ingresso e l’uscita dal Paese per i cittadini Ue, non diverse da quelle che gia’ impongono generalmente gli Usa: niente visto ma autorizzazione preventiva e tassa d’ingresso. In questo modo non ci sarebbero, pero’, condizioni privilegiate, come hanno ad esempio i cittadini degli Stati membri dell’European Free Trade Association (Efta), Norvegia, Svizzera, Islanda e Liechtenstein, quando si muovono da e per la Ue. Questi Paesi, facendo parte dell’area Schengen, godono della totale liberta’ di movimento. Se Londra dovesse optare per un sistema simile all’Esta, e’ praticamente certo che – in nome del principio di reciprocita’ del diritto internazionale – l’Unione europea applicherebbe l’Etias al Regno Unito. Di conseguenza anche i cittadini britannici che volessero recarsi in uno qualsiasi degli Stati Ue (e degli Stati Schengen) dovrebbero chiedere un’autorizzazione preventiva e pagare la tassa d’ingresso. Rispetto alla situazione attuale, in cui i cittadini Ue possono andare nel Regno Unito – o uscire dal Regno Unito verso gli altri Paesi Ue – senza bisogno di autorizzazioni preventive o tasse e con la sola carta d’identita’, si tratterebbe in ogni caso di una complicazione per quanto riguarda la liberta’ di movimento delle persone.
CRITICHE Le opposizioni britanniche hanno duramente criticato questo annuncio da parte del governo conservatore. Secondo il ministro-ombra per la Brexit dei Liberaldemocratici britannici Tom Brake, una decisione in questo senso “significhera’ piu’ burocrazia, piu’ lungaggini e – visto che la Ue implementera’ un sistema speculare per i cittadini britannici – tasse per chiunque voglia viaggiare nella Ue per le proprie vacanze”. Dura anche la presa di posizione dei Laburisti che, per bocca della ministra-ombra degli Interni Diane Abbott, hanno attaccato l’intero impianto della Brexit cosi’ come delineata dall’accordo di uscita mediato da Johnson. Secondo Abbott, “abbandonando l’intero sistema Ue di sicurezza e giustizia, noi non avremo piu’ accesso immediato a una miriade di database fondamentali o accesso al Mandato di arresto europeo. Questo compromettera’ le possibilita’ per la nostra polizia e polizia di frontiera di catturare terroristi e membri della criminalita’ organizzata, e potrebbe addirittura renderci un santuario per criminali in fuga dal sistema giudiziario nella Ue”.
CONCLUSIONE I conservatori britannici al governo hanno annunciato l’intenzione, se vinceranno le prossime elezioni e se avverra’ la Brexit in base all’accordo trovato a meta’ ottobre tra Londra e Bruxelles, di imporre ai cittadini Ue nuovi oneri burocratici (e in piccola parte economici) per poter entrare nel Regno Unito. Con il nuovo sistema Eta – molto simile all’Esta americano e al nascente Etias europeo – i cittadini comunitari dovranno chiedere preventivamente l’autorizzazione per potersi recare nel Regno Unito, dovranno viaggiare con il passaporto (e non piu’ con la carta d’identita’) e pagare una tassa d’ingresso. Non sara’ in ogni caso richiesto un visto. Quasi sicuramente la Ue reagirebbe a una simile decisione imponendo le stesse condizioni ai cittadini britannici. A questo fine sarebbe sufficiente includere il Regno Unito tra i Paesi coinvolti nell’Etias. I rapporti tra Ue e Regno Unito sarebbero quindi simili a quelli tra Ue e Usa, e non a quelli, ad esempio, tra Ue e Norvegia o Svizzera. La proposta dei conservatori ha suscitato aspre critiche da parte delle opposizioni britanniche.