Corte d’Appello: “Uso cellulare può causare tumori alla testa”. Iss: “Nessuna prova correlazione”

15 gennaio 2020

La corte di appello di Torino conferma il nesso tra alcuni tipi di tumore alla testa e l’uso del cellulare. I giudici hanno infatti confermato la sentenza del tribunale di Ivrea del 2017, dando ragione, contro l’Inail, a Roberto Romeo, difeso dagli avvocati Stefano Bertone, Renato Ambrosio, Chiara Ghibaudo, e accertato: è vero che il neurinoma dell’acustico è stato causato da uso lavorativo del cellulare. Il tribunale d’Ivrea aveva accertato che il neurinoma, tumore benigno ma invalidante, era stato causato dall’uso scorretto del telefoninino: Roberto Romeo, 57 anni, dipendente di una grande azienda, per 15 anni, prima che si diffondesse anche l’uso di autricolari e altri strumenti, aveva usato il cellulare per più di tre ore al giorno, e il giudice del lavoro di Ivrea, Luca Fadda, riconosciuto il nesso aveva imposto all’Inail di corrispondere una rendita vitalizia da malattia professionale contratta. Decisione contro cui l’Inail aveva fatto ricorso. Ma la Corte di Torino ha confermato il nesso e dato torto all’Inail. Non è dello stesso avviso l’Istituto superiore di sanità. Secondo l’Iss, infatti, “l’ipotesi che l’uso prolungato del cellulare possa causare tumori alla testa”, alla base della sentenza della Corte d’Appello di Torino, “non e’ fondata su una base scientifica”. In particolare, secondo Alessandro Vittorio Polichetti, primo ricercatore dell’Istituto Superiore di Sanità, “finora, nessuna correlazione e’ stata provata tra i campi elettromagnetici dei cellulari e l’insorgenza di tumori. Ci sono solo dei sospetti di cancerogenicita’ ma non confermati”.

Secondo la Corte – spiegano invece gli avvocati che citano stralci della sentenza pubblicata – “esiste una legge scientifica di copertura che supporta l’affermazione del nesso causale secondo criteri probabilistici ‘più probabile che non'”. E mettono a fondamento della loro decisione “i dati epidemiologici, i risultati delle sperimentazioni sugli animali (non contraddetti, allo stato, da altre sperimentazioni dello stesso tipo), la durata e l’intensità dell’esposizione ? che assumono particolare rilievo considerata l’accertata – a livello scientifico – relazione dose-risposta tra esposizione a radiofrequenze da telefono cellulare e rischio di neurinoma dell’acustico, unitamente alla mancanza di un altro fattore che possa avere cagionato la patologia”. Tutto il materiale scientifico e probatorio di causa è stato ristudiato e rianalizzato da due nuovi consulenti tecnici nominati dalla Corte torinese (Carolina Marino, Angelo D’Errico). E – sottolineano gli avvocati – la Corte d’Appello recepisce integralmente le loro conclusioni e respinge l’appello di Inail, affermando che i consulenti tecnici d’ufficio hanno fornito “solidi elementi per affermare un ruolo causale tra l’esposizione dell’appellato alle radiofrequenze da telefono cellulare e la malattia insorta”.

E’ la seconda sentenza d’appello favorevole al lavoratore dopo quella di Brescia del 2010, conclusa con la conferma in Cassazione nel 2012. In quel caso, il Tribunale di Bergamo in primo grado aveva respinto la domanda. Il caso Romeo contro Inail è dunque il primo nella storia giudiziaria mondiale ad aver avuto due sentenze di merito consecutive favorevoli per il lavoratore. Gli avvocati sottolineano i principi a base della consulenza e della sentenza, citando in particolare alcuni passaggi chiave: “Buona parte della letteratura scientifica che esclude la cancerogenicità dell’esposizione a radiofrequenze, o che quantomeno sostiene che le ricerche giunte ad opposte conclusioni non possano essere considerate conclusive versa in posizione di conflitto di interessi, peraltro non sempre dichiarato: si veda in particolare, nella relazione, l’osservazione della difesa dell’appellato (in alcun modo contestata dalla controparte) secondo cui gli autori degli studi indicati dall’Inail, nominativamente elencati, sono membri di Icnirp e/o di Scenihr, che hanno ricevuto, direttamente o indirettamente, finanziamenti dall’industria”.

Notazioni condivise dalla Corte d’Appello: “L’impostazione dei Consulenti d’Ufficio è del tutto condivisibile, essendo evidente che l’indagine, e le conclusioni, di autori indipendenti diano maggiori garanzie di attendibilità rispetto a quelle commissionate, gestite o finanziate almeno in parte, da soggetti interessati all’esito degli studi”. Per contro “l’ampia letteratura scientifica citata ed applicata dai Consulenti d’ufficio, del tutto indipendente, deve quindi ritenersi affidabile, così come le conclusioni, a livello epidemiologico, a cui essa è pervenuta”. I consulenti tecnici di ufficio sono infatti partiti dagli studi dell’istituto Ramazzini e del Ntp National Toxicology Progra. Criticato anche dai consulenti della corte d’Appello lo studio dell’Iss dell’agosto 2019 perché “usa in modo inappropriato i dati sull’andamento dell’incidenza dei tumori cerebrali? non tiene conto dei recenti studi sperimentali su animali”, e pur dichiarandosi incerto sugli effetti associati ad un uso intenso e prolungato di cellulari, “non ha diramato raccomandazioni più stringenti sui limiti di esposizione a RF (campi elettrici e magnetici nella gamma della radio frequenza), in particolare per i bambini e gli adolescenti”. E su questo punto gli avvocati ricordano che due dei firmatari dello studio Iss, sono uno membro e l’altro consulente Icnirp, quindi “in posizione di conflitto di interessi secondo la sentenza di oggi”.

“Ciò che ci interessava di più dal punto di vista legale era la conferma che gli studi ‘negazionisti’ finanziati dall’industria non potessero andare a fondare, influenzandolo, il ragionamento dei consulenti dei tribunali nelle cause che riguardano la telefonia mobile”, ha dichiarato l’avvocato Stefano Bertone, sottolineando: “La Corte d’Appello ci dà ragione con un concetto tanto semplice quanto decisivo: siccome l’industria ha interesse all’esito degli studi, chi lavora per lei o con suoi soldi esprime pareri meno attendibili di chi fa ricerca senza tornaconto”. “Mi auguro – aggiunge – che la notizia di questa decisione, in mancanza delle informazioni del settore pubblico, spinga i genitori a riconsiderare attentamente il rapporto e la vicinanza dei loro figli con i dispositivi mobili”. Laura Masiero, di Apple, l’Associazione ideatrice e sostenitrice del contenzioso ricorda: “Ancora una volta un lavoratore si è ammalato perché non era stato informato sui rischi dell’uso prolungato del cellulare all’orecchio e sulla necessità di modalità di utilizzo protettive come il viva voce o l’auricolare con il filo. I giudici scrivono un’esemplare sentenza”.

Masiero, inoltre lancia un allarme: “Membri Icnirp o ex Icnirp sono tuttora presenti nelle file delle istituzioni italiane preposte alla tutela della salute (Iss). Istituzioni che continuano, nonostante le evidenze scientifiche, a negare qualunque effetto cancerogeno e biologico delle Rf, utilizzando in modo inappropriato i dati esistenti e selezionandoli in maniera strumentale. Sono assolutamente colpevoli di lasciare il pubblico nell’incertezza senza informarlo, come sarebbe loro dovere, sui possibili rischi dell’esposizione prolungata e massiccia di lavoratori, studenti, cittadini e soprattutto dei più piccoli e delle categorie più fragili, come gli elettrosensibili”. “Questo – aggiunge – nonostante la sentenza del Tar Lazio che ha richiamato i ministeri competenti a realizzare quelle campagne informative capillari previste dalla legge”. E “ci chiediamo cosa accadrà con l’arrivo, peraltro osteggiato ormai da oltre 120 comuni, del 5G: irradiazione obbligatoria e ubiquitaria dalla terra e dallo spazio su tutti. Uno schiaffo alla democrazia, alla sicurezza dei nostri dati e a quella personale col rischio di un prossimo dell’aumento dei limiti di esposizione da 6 a 61 Volt per metro”.

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