Biden vola, Sanders rallenta. E’ corsa a due per nomination

4 marzo 2020

Il Super Tuesday delle primarie democratiche statunitensi ha dato delle risposte chiare, com’era prevedibile, visto che in palio c’erano 14 Stati e il 34% dei delegati che eleggeranno il candidato che sfiderà il presidente Donald Trump a novembre, ma nessuno si affretti a dichiarare la vittoria finale di Joe Biden, troppo presto dato per finito e invece dimostratosi “più vivo che mai”, come ha dichiarato sorridente da Los Angeles. Altrettanto vivo è il senatore Bernie Sanders, che raccoglierà meno del previsto da questa giornata, ma non per questo uscito di scena. Prima di tutto, le certezze.

I soldi non sono sempre decisivi, nemmeno per le dispendiose elezioni statunitensi, soprattutto se non sono il frutto di donazioni: Michael Bloomberg ha speso circa mezzo miliardo di dollari del suo patrimonio per vincere i caucus delle Samoa americane e ottenere qualche decina di delegati; l’ex sindaco di New York era entrato in gioco puntando sull’implosione della candidatura di Joe Biden e gli era stato consigliato di rinunciare alla candidatura già dopo la vittoria dell’ex vicepresidente in South Carolina. “Ho sempre creduto che la sconfitta di Donald Trump cominci con noi uniti a sostegno del candidato con le migliori possibilità di farcela – ha dichiarato Bloomberg annunciando la decisione di ritirarsi dalla corsa per la Casa Bianca -. E dopo il voto di ieri, è chiaro che quel candidato è il mio amico e grande Americano, Joe Biden”. Male è andata anche la senatrice Elizabeth Warren, schiacciata dai due rivali persino nello Stato che rappresenta a Capitol Hill, il Massachusetts; lei continua a ripetere, forte anche di una raccolta fondi seconda solo a Sanders, che andrà avanti fino alla convention nazionale di Milwaukee, quantomeno per avere un ruolo nella stesura del programma del partito democratico, ma a questo punto la sua corsa verso la Casa Bianca può già dirsi conclusa.

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Meno certo è come usciranno i due principali candidati da questo Super Tuesday, in termini di risultati definitivi (la suddivisione dei delegati di Texas e California, soprattutto, darà un quadro più completo della situazione) e di slancio per i prossimi appuntamenti elettorali che si susseguiranno nelle prossime settimane. Gli ultimi giorni hanno già dimostrato che i sondaggi appassiscono in due giorni e che le gaffe, le polemiche e le insicurezze durante i dibattiti contano poco; molti elettori decidono all’ultimo istante, sull’emotività del momento, scegliendo spesso un voto rassicurante. E cosa c’è di più rassicurante del volto e delle parole di Biden, la spalla del primo presidente afroamericano, il politico da una vita, l’uomo che ha saputo raccontare al Paese i suoi dolori di padre e marito, dalla morte di moglie e figlia nel 1972 in un incidente stradale a quella del figlio Beau per un cancro al cervello, nel 2015: troppo forte era il dolore per potersi candidare nel 2016. La risposta al presidente Donald Trump, afferma con forza una gran parte dell’elettorato democratico, non può essere un altro candidato divisivo come Bernie Sanders.

Un risultato così, però, una settimana fa era impensabile. Biden ha vinto in 10 Stati (Alabama, North Carolina, Virginia, Oklahoma, Tennessee, Arkansas, Minnesota, Massachusetts, Maine e Texas), Sanders in quattro (nel ‘suo’ Vermont, in Colorado, Utah e California). Proprio la California sembra l’ancora di salvataggio del senatore, al momento forte del 32,1% e di nove punti di vantaggio su Biden, con il 68% dei voti scrutinati. Il Golden State è lo Stato che, da solo, assegna 415 dei 1.357 in gioco nel Super Tuesday (in tutte le primarie, i delegati sono assegnati su base proporzionale, con una soglia del 15% a livello distrettuale e statale). Cos’è cambiato negli ultimi giorni a favore di Biden? La vittoria in South Carolina, grazie al voto compatto degli elettori afroamericani, decisivi anche negli altri Stati del Sud (tranne in Oklahoma), nonostante i dubbi raccontati dalla stampa statunitense nelle ultime settimane. E il ritiro, subito dopo, di due rivali come l’ex sindaco Pete Buttigieg e la senatrice Amy Klobuchar, che si sono immediatamente schierati con l’ex vicepresidente (insieme a un altro ex rivale, Beto O’Rourke, ritiratosi a novembre): è stato il segnale di un fronte moderato, istituzionale, finalmente compatto.

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Altro aspetto da non sottovalutare, quella eleggibilità su cui Biden aveva subito puntato, diventando il candidato ‘per forza’ favorito: sei elettori su dieci, secondo un exit poll della Nbc in 12 dei 14 Stati al voto, hanno detto di aver votato per il candidato che credono abbia più possibilità di battere il presidente Donald Trump a novembre; questi elettori hanno preferito Biden (36%) a Sanders (25%). Senza entrare nel dettaglio, comunque parziale, dei delegati assegnati, Biden ha finora conquistato 267 delegati in palio durante il Super Tuesday, contro i 192 di Sanders; poi Warren 16, Bloomberg 11 e la deputata Tulsi Gabbard 1. Restano da assegnare i due terzi dei delegati di giornata, ma intanto Biden è passato in testa nel conteggio totale con 320 delegati, seguito da Sanders con 252. Per ottenere la nomination, serve conquistare 1.990 dei 3.979 delegati ‘pledged’, ovvero impegnati; i 771 superdelegati, liberi di votare per chi preferiscono, entreranno in gioco solo durante l’eventuale seconda votazione, con una ‘brokered convention’, in mancanza di una maggioranza di delegati a sostegno di un candidato. Un’ipotesi, comunque, tutt’altro che remota: per il sito FiveThirtyEight, resta l’opzione più probabile (61%).

E quali sono le ripercussioni di questo voto su Trump? Da una parte, un potenziale rivale, Biden, ha mostrato la sua forza tra gli elettori afroamericani e delle aree suburbane, gruppi di elettori fondamentali per la vittoria alle presidenziali. Ma la notte ha portato anche buone notizie: la corsa democratica è tutt’altro che finita e la parte progressista dell’elettorato democratico non è affatto rassegnata a schierarsi con Biden; questo si tradurrà in uno scontro interno che Trump potrà continuare a commentare su Twitter come un qualsiasi ‘troll’.

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