Sulla situazione attuale Ferri è categorico: “Quanto fatto finora, cioè riproporre on line la lezione in aula, è del tutto inutile. La lezione frontale già funziona poco in classe: ora si tengono on line alunni che nel frattempo fanno tutt’altro. È un non senso. La verità è che la scuola italiana paga di essere stata molto refrattaria sul digitale: secondo l’Ocse siamo indietro di 13-15 anni, si pensa ancora che si impara meglio sulla carta. Il problema non è sostituire, ma aumentare la didattica attraverso le potenzialità del digitale. Ora si tratta di gestire esclusivamente in digitale, anche se sarebbe meglio migliorare gli apprendimenti con le potenzialità dell’ICT”. “Ci troviamo in una situazione inaudita: il 90% delle scuole – spiega il docente – non era attrezzato al digitale, si è trovato completamente spiazzato di fronte all’emergenza e ha fatto quello che poteva. Non si può dare la colpa ai docenti se non sono stati formati o non hanno ricevuto adeguate strutture. Ma per il futuro, che ci sia o meno l’emergenza coronavirus, la scuola italiana ha bisogno di un tasso di digitalizzazione molto maggiore”. Per questo, secondo Ferri Ministero e sistema scolastico nei prossimi mesi devono puntare su alcune priorità: “Primo potenziare la banda in tutti gli istituti; secondo sostenere gli incapienti per acquistare device e strumenti tecnologici, quelli giusti: i genitori devono capire che tra uno smartphone da 1000 euro e un notebook da 300 è meglio il notebook; terzo cambiare la metodologia di insegnamento; quarto ogni scuola deve dotarsi di ambienti virtuali per l’apprendimento”.
“L’insegnamento digitale – spiega – si fa con metodi interattivi che si sviluppano non solo in quel momento, ma anche prima e dopo. Inoltre il tempo di attenzione medio per una lezione o un’attività digitale on line è molto più basso rispetto alla classe. Vuol dire materiali gestibili: non un video di 1 ora, ma tanti video di 5 minuti. Inoltre allestire contesti nei quali si lavora su ambienti virtuali di apprendimento, con materiali su cui i ragazzi lavorano on line con gli amici e collegamenti finali con il docente in cui si discute su quanto fatto. Di fronte allo schermo bisogna coinvolgere gli studenti, fargli fare cose, altrimenti i limiti del mezzo si manifestano tutti e si produce apprendimento zero”. “Ora ogni insegnante attiva una class room e fa le sue cose. Invece le scuole devono dotarsi di ambienti virtuali di apprendimento che permettano di inserire e controllare, in un unico contenitore, la programmazione didattica di ogni classe, per erogare in maniera omogenea prima e dopo i momenti interattivi i materiali su cui gli studenti lavorano”. Insomma, conclude Ferri ad Askanews, “la didattica a distanza deve essere un momento interattivo e di discussione, in cui gli studenti sono protagonisti. Prima gli insegnanti non ci pensavano proprio: ora, con il coronavirus, ci si è resi conto che Internet è l’unico strumento per fare scuola. E’ il momento di investire per recuperare tutto il tempo perso”.