2020, per l’Italia l’anno del tracollo: oltre 126 miliardi di perdita e debito pubblico al 155,7%

2020, per l’Italia l’anno del tracollo: oltre 126 miliardi di perdita e debito pubblico al 155,7%
Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte
24 aprile 2020

Il 2020 si chiuderà con un prodotto interno lordo a -8% e una perdita nominale di oltre 126 miliardi, un deficit al 10,4% e un debito pubblico in salita dal 134,8% di fine 2019 al 155,7%. Sono i numeri messi nero su bianco dal governo nel Def (Documento di economia e finanza) che oggi è stato approvato dal Consiglio dei ministri, insieme alla nuova richiesta di scostamento di bilancio al Parlamento che serve a coprire parte delle misure del dl Aprile il cui varo è atteso la prossima settimana e che rappresenta la più consistente manovra della storia repubblicana con un indebitamento aggiuntivo di 55 miliardi e una cifra che si aggira attorno a 150-160 miliardi in termini di saldo netto da finanziare.

Una maxi-manovra necessaria dopo che si è “materializzato” in tutta la sua gravità il “cigno nero”, come lo definisce il Def, dell’emergenza Coronavirus. Sette i ‘pilastri’ su cui si costruirà l’architrave del decreto: “Salute e sicurezza con maggiori risorse per il sistema sanitario, la protezione civile e le forze di sicurezza; Credito, liquidità e capitalizzazione delle imprese; Pagamenti della Pa: misure per l`accelerazione dei tempi di pagamento; Lavoro e inclusione: estensione della cassa integrazione in deroga, indennità ai lavoratori autonomi, alle colf e badanti, sostegno al reddito dei cittadini non coperti da altre forme di assistenza; Enti territoriali: sostegno alle politiche di inclusione e agli investimenti degli enti territoriali; Fisco e ristori: rinvio di alcuni adempimenti fiscali e sostegno alle imprese e ai lavoratori autonomi; Interventi mirati a favore dei settori più impattati dall`emergenza: misure di supporto a imprese e lavoratori dei settori sottoposti a chiusure e in cui le misure di distanziamento sociale potrebbero essere confermate nei prossimi mesi”.

A cui si aggiungerà una somma tra gli 800milioni di euro e il miliardo per le modifiche che verranno introdotte in Parlamento dove, questa volta, il governo ha assicurato che ci sarà un “confronto di merito” dopo un dialogo mai decollato sul decreto Cura Italia. Il prossimo decreto inoltre, spiega Palazzo Chigi, “garantirà, pur in un contesto di miglioramento graduale e strutturale della finanza pubblica, la completa eliminazione dell’incremento delle aliquote Iva e delle accise previsto dal 2021”. Una eliminazione che contribuirà, ad una riduzione della pressione fiscale dal 41,9% del 2019 al 41,8% nel 2020 al 41,4% nel 2021. Lo stop delle clausole di salvaguardia è, per il governo, un passaggio “fondamentale” per “fornire elementi di certezza alle imprese e ai cittadini che si trovano a dover programmare l’attività e i piani di investimento in un contesto reso incerto e mutevole dalla emergenza in atto” che ha visto crollare i consumi (-7,2%), i redditi (-5,7%) e gli investimenti (-12,3%). Un contesto che fotografa un tasso di disoccupazione in crescita, a causa dello stravolgimento del lockdown: dal 10% del 2019 si passa all’11,6% del 2020 per calare un po’ nel 2021 e attestarsi all’11%.

Anche l’avanzo primario corre in supporto e dal dato positivo di 1,7% del 2019 calerà fino al -3,5% nel 2020 per recuparare nel 2021 (-0,6%). Mentre la crescita del debito stimata per il 2020 al 155,7% del Pil rallenterà al 152,7% nel 2021. Per “gli anni successivi – prosegue Palazzo Chigi – sarà delineato un percorso di graduale rientro del rapporto debito/Pil, che assicuri comunque un congruo periodo di sostegno e rilancio dell’economia, durante il quale misure restrittive di politica fiscale sarebbero controproducenti”. I principi generali della strategia di rientro saranno, oltre al conseguimento di un adeguato surplus di bilancio primario: il rilancio degli investimenti, pubblici e privati, grazie anche alla semplificazione delle procedure amministrative; il contrasto all’evasione fiscale; la riforma del sistema fiscale, improntata alla semplificazione, all’equità e alla tutela ambientale; la revisione e la riqualificazione della spesa pubblica. Un’orizzonte temporale di discesa che il Def colloca nel “prossimo decennio”.

Nel Def il Governo punta su una previsione macroeconomica costruita “in base all`ipotesi che le misure di chiusura dei settori produttivi non essenziali e di distanziamento sociale vengano attenuate a partire dal mese di maggio e l`impatto economico dell`epidemia si esaurisca completamente nel primo trimestre del 2021”. E se marzo è registrato come il mese peggiore, nel terzo trimestre del 2020 è atteso un “rimbalzo” del Pil del 9,6% con l’ultimo trimeste a +3,8% comunque peggiore dello stesso periodo del 2019. Se invece dovesse realizzarsi lo “scenario avverso”, si avverte tuttavia nel documento, con una recrudescenza del virus e nuove chiusure oltre le previsioni attuali si avrebbe una contrazione media più accentuata del Pil (-10,6 per cento in media d`anno sui dati grezzi) con un effetto di trascinamento negativo sul 2021 (il cui Pil “risulterebbe pari a solo il 2,3 per cento). askanews

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