Corsetta sì, messe no: vescovi contro Conte. Fase 2 divide governo

27 aprile 2020

Corsetta sì, messe no. E i vescovi sbottano: “Compromesso l’esercizio della libertà di culto”. In sostanza, l’Italia riparte ma le chiese restano chiuse. E così poco dopo la conferenza stampa di Giuseppe Conte che ha annunciato il nuovo decreto sulla fase 2, la Conferenza episcopale italiana si infuria e invia una nota durissima proprio al premier. “Dopo queste settimane di negoziato che hanno visto la Cei presentare Orientamenti e Protocolli con cui affrontare una fase transitoria nel pieno rispetto di tutte le norme sanitarie, il decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri varato questa sera esclude arbitrariamente la possibilità di celebrare la Messa con il popolo”. Ma “la Chiesa esige di poter riprendere la sua azione pastorale”, hanno incalzato il vescovi, rimarcando che “alla Presidenza del Consiglio e al Comitato tecnico-scientifico si richiama il dovere di distinguere tra la loro responsabilità – dare indicazioni precise di carattere sanitario – e quella della Chiesa, chiamata a organizzare la vita della comunità cristiana, nel rispetto delle misure disposte, ma nella pienezza della propria autonomia”.

Ma anche all’interno dello stesso governo Conte c’è chi dissente dal Dpcm sulla fase 2. “In sicurezza si potrà visitare un museo ma non si può celebrare una funzione religiosa? Questa decisione è incomprensibile. Va cambiata” ha tuonato la ministra per Pari Opportunità e Famiglia di Italia Viva, Elena Bonetti. E non mancano le fibrillazioni anche all’interno della maggioranza. “Tanto rumore per nulla, purtroppo per gli italiani: ennesima diretta a reti unificate di Conte per annunciare che dal 4 maggio cambia poco o nulla – ha detto il deputato di Italia Viva Michele Anzaldi -. La Fase 2 non c’è. Al momento non c’è nessun piano concreto per far ripartire il Paese in sicurezza, solo raccomandazioni e divieti”. Il Partito Democratico tenta di parare i colpi. “Non proclami di vittoria, non drammatizzazioni fuori luogo: da Conte è venuta una rassicurazione corretta e un appello alla ragionevolezza e alla disciplina degli italiani – ha detto la vicepresidente del Pd Debora Serracchiani -. Sia pur con le inevitabili incertezze di chi cammina in un territorio ignoto, questo Governo sta affrontando difficoltà enormi: sostenere questa ripresa è un dovere nazionale, anche da chi è opposizione e da tutti i soggetti istituzionali”.

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Anche Leu fa la sua parte. “Grazie ai sacrifici delle donne e degli uomini del nostro paese si sta finalmente piegando la curva dei contagi – ha detto il ministro della Salute Roberto Speranza -. Per questo dal 4 maggio possiamo avviare con prudenza una fase nuova. Il nostro principio guida e’ stato, e sarà sempre, quello della tutela della salute. Anche nella fase che si apre il senso di responsabilità di ciascuno, è’ la vera chiave per vincere la sfida. Insieme ce la faremo”. Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio invece è convinto che “riaccendiamo i motori del Paese”. “Poco alla volta ci riprenderemo la nostra vita, i nostri spazi, le nostre libertà” ha detto l’esponente 5stelle. Non traspare tanto entusiasmo dalla maggioranza per ques’ennesimo decreto del premier sull’emergenza coronavirus. Tutta musica per le opposizioni che bocciano senza mezzi termini le misure del governo.

“Fase2: regna sovrana la confusione a palazzo Chigi sulla ripartenza il 4 maggio. Non sarebbe stato più utile avere nelle task force meno professori e più imprenditori?” ha dichiarato il vicepresidente di Forza Italia Antonio Tajani. A dar man forte, Giorgia Meloni. “Un’altra lunga e confusa conferenza stampa di Conte per dirci che, in sostanza, la fase due è quasi identica alla fase uno – ha puntellato la leader di Fratelli d’Italia -. Agli italiani che mi stanno scrivendo per capirci qualcosa di più devo confessare che non ne so nulla. Conte decide evidentemente da solo della vita e della libertà di ciascuno di noi. Quando avremo i testi cercheremo di capirci qualcosa di più”. “Abbiamo pazientato, ascoltato, suggerito, collaborato. Ora basta, dopo 47 giorni di reclusione diciamo: basta, fateci uscire, guadagnare, lavorare” ha sbottato il leader della Lega, Matteo Salvini. 

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