Polonia alle urne o no? Caos sulle presidenziali della discordia

Polonia alle urne o no? Caos sulle presidenziali della discordia
6 maggio 2020

A pochi giorni dalla data che era stata fissata per l’elezione del nuovo presidente, la Polonia non sa ancora se domenica 10 maggio si voterà o no. Ormai è chiaro che, in piena emergenza Covid-19, gli elettori non potranno essere chiamati a recarsi nei seggi, ma non è ancora del tutto escluso il voto postale. Più probabile, tuttavia, sembra un rinvio di due settimane che sembra accettabile al partito al governo Diritto e Giustizia (PiS). Ma la guerra in corso tra il partito governativo e l’opposizione complica qualsiasi previsione e ha gettato nel caos il Paese da 40 milioni di abitanti, il peso massimo tra i membri dell’Ue un tempo appartenuti al blocco socialista.

Il PiS ha insistito per mantenere la data del 10 maggio, trasformando l’elezione in voto per posta, con l’eventualità di un ballottaggio il 24 maggio. Il partito al potere, che fa capo a Jaroslaw Kaczynski, insiste sul fatto che l’elezione del presidente deve avvenire a maggio per rispettare i termini di tempo indicati dalla Costituzione. Ma è evidente che il timore è di vedere il suo candidato, il capo dello Stato uscente Andrzej Duda, indebolito nei prossimi mesi dalle difficoltà economiche che la pandemia porta con sé. Con lo stesso ragionamento, ma opposti fini, l’opposizione punta a un rinvio del voto di due-tre mesi, sperando che il vantaggio di Duda nei sondaggi subisca una consistente erosione sulla scia dell’emergenza da Covid-19.

La principale sfidante è Malgorzata Kidawa-Blonska della formazione di centrodestra Piattaforma Civica (PO), europeista e liberale, al governo in Polonia sino al 2015. Per il Partito popolare polacco (PSL), che raccoglie voti nelle campagne e nei centri urbani più piccoli, si è presentato Wladyslaw Kosiniak-Kamysz. Entrambi però hanno minacciato di boicottare il voto. Se si votasse oggi, secondo i sondaggi, potrebbero aspirare entrambi al 15% delle preferenze. La situazione è a dir poco confusa e dall’ex presidente Lech Walesa all’ex premier Donald Tusk sono arrivati appelli allarmati e critiche senza precedenti. Tusk ha detto che la linea del PiS è degna della Bielorussia guidata dall’autocratico Alexandr Lukasenko, non di un Paese democratico. Un ‘ulteriore incognita sul voto, in qualsiasi forma, è rappresentata dall’astensione: molti elettori hanno detto che non parteciperanno a un’elezione improvvisata per posta, inaffidabile in termini di risultati e segretezza.

Il voto postale richiede una nuova legge, ad hoc, e la relative norma approvata dalla camera bassa del parlamento all’inizio di aprile è stata bocciata ieri dal Senato. La palla torna così ai deputati, per il voto decisive, probabilmente già oggi. Non è chiaro come andrà a finire, dato che il PiS è a serio rischio fronda da parte di diversi suoi eletti. In caso perdesse la maggioranza parlamentare, la dichiarazione dello stato di emergenza sino ad ora negata dalla formazione governativa diventerebbe una concreta opzione. E una crisi governativa porterebbe a nuove elezioni parlamentari e presidenziali ad agosto.

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