Via libera dal governo alla possibilità di riaperture differenziate su base regionale, tenendo conto dell’andamento dei contagi. Il 18 maggio le Regioni potranno aprire negozi, bar e ristoranti. Ci saranno linee guida e regole generali uguali per tutti e differenziazioni territoriali a seconda dell’andamento della curva del contagio. Ma in caso di risalita, il governo potrà intervenire per disporre nuove chiusure. L’accordo arriva al termine della videoconferenza tra i governatori e l’esecutivo, con al tavolo anche il premier Giuseppe Conte oltre ai ministri Roberto Speranza e Francesco Boccia. Tra sette giorni, dunque, sarà possibile tornare al bar per prendere un caffè, tagliarsi i capelli, andare a cena fuori. Ma con regole ben definite. Il Comitato tecnico scientifico sta infatti chiudendo in queste ore le linee guida che varranno per la ristorazione, per i servizi alle persone e anche per la balneazione, vale a dire le regole generali per poter aprire in sicurezza le spiagge in concessione e quelle libere.
Le prime prove tecniche emergono per riaprire bar e ristoranti. In piena ‘Fase 2’, tecnici e scienziati mettono nero su bianco le linee guida che dovranno essere rispettate dagli esercenti in vista del prossimo lunedì quando potranno essere rialzate le saracinesche anche delle parruccherie, sale da barba e centri estetici dopo oltre due mesi di chiusura. Coronavirus, permettendo. L’Inail con l’Istituto superiore di sanità, così, vara un protocollo che non mancherà di scatenare mugugni e polemiche. Se già soltanto leggendo alcune norme viene difficile capire la loro applicazione, figuriamoci cosa accadrà quando i clienti si ritroveranno attorno a un tavolo di ristorante o davanti a un bancone del bar. Per non parlare del relativo personale che, stando alle stesse regole, non avrà certo vita facile. Si parte proprio dal numero di clienti che può ospitare un locale. Basta dividere per 4 la quadratura dell’esercizio commerciale. Un ristorante di 100 metri quadri può servire 25 clienti alla volta. In sostanza, un cliente ogni 4 metri quadrati. Detta così, appare una sciocchezza. Ma bisognerà fare i conti anche con la distanza tra un tavolo e l’altro, e che dovrà essere almeno 2 metri.
Lo spazio di sicurezza tra un cliente e l’altro invece non è stato fissato, ma il protocollo parla di “una distanza in grado di evitare la trasmissione di droplets”. Ed è qui il vero problema, il distanziamento sociale, che assume un aspetto di grande complessità, perché ovviamente non è possibile stare a tavola con la mascherina. Si attende il via libera dal Viminale, intanto, a una certificazione che le famiglie potranno presentare ai ristoratori affinché ne attesti la parentela, così da sollevare i gestori da ogni responsabilità e consentire loro di allestire tavoli più piccoli risparmiando spazio. Niente più menu cartacei, servizio a buffet e aria condizionata. E le mascherine, i clienti, dovranno indossarle in fila, alla cassa o quando si muoveranno per andare al bagno. Complesso e delicato, è il capitolo igiene. All’ingresso dei ristoranti dovranno essere forniti dispenser per l’igienizzazione delle mani, mentre gli abiti dovranno essere riposti tassativamente nei guardaroba. Ai camerieri e al personale dovrà essere rilevata tassativamente la temperatura corporea ogni giorno e annotata su apposito registro. I pavimenti e i banconi, infine, dovranno essere rigidamente puliti dopo ogni consumazione.
Come riporta il protocollo, queste regole riguarderanno 336.137 imprese e un milione e 200mila lavoratori. Ma vengono fornite anche indicazioni per quanto riguarda i negozi: infatti, le attività commerciali che dispongono di spazi sotto i 25 metri quadri dovranno ospitare un cliente alla volta. Inoltre, per i punti vendita dove ci sono più ingressi, bisognerà dividere l’entrata e l’uscita, scaglionando così modo i flussi di clienti. E infine, per quanto riguarda parrucchieri, barbieri ed estetisti, si va verso un piano di riapertura basato sulla prenotazione obbligatoria, in modo da consentire la presenza di un cliente alla volta all’interno del negozio. Se le distanze tra le postazioni lo permettono, ci potranno essere più persone: ma nessuna sala d’attesa dove potrebbero crearsi assembramenti.