Lavabili e riciclabili, amiche della salute e dell’ambiente, si sta diffondendo la produzione e l’uso di mascherine non usa e getta per ridurre i danni causati dallo smaltimento non corretto di dispositivi di protezione contro il contagio da coronavirus. Massimo Pancamo, Presidente e Amministratore Delegato di Fibre e Tessuti Speciali S.p.A. spiega i vantaggi di questo tipo di mascherine, come uso assimilabili a quelle chirurgiche.
“Di fatto le prestazioni sono assolutamente equivalenti a quelle delle mascherine standard, perchè c’è una certificazione che è una norma Uni: o la prendi o non la prendi. Dal punto di vista dell’ambiente i vantaggi sono evidenti. Il primo sono fatte al 70% in fibra di cotone e al 30% in poliestere che è comunque riciclabile perchè è un elemento separato, ma soprattutto non essendo mono uso non vengono gettate dopo un ciclo di utilizzo. Il potere filtrante e la traspirabilità di questi presidi è garantito per 5 lavaggi anche se test di laboratorio rilevano che il potere filtrante resta invariato fino 8-10 lavaggi. Da questo punto di vista c’è fino a 5 -10 volte di meno di residuo di mascherine usate che vanno a finire nell’ambiente e questo significa in discarica”.
Le mascherine chirurgiche sono diventate un bene ricercatissimo e il prezzo fissato dal commissario Arcuri a 50 centesimi le ha rese difficili da trovare. Oltre il 15% delle aziende del settore tessile moda italiano con più di 15 dipendenti hanno iniziato una parziale riconversione per produrre mascherine. “Se vuoi ricostruire una filiera come si vede dagli incentivi che il governo ha promesso per la riconversione l’ultima cosa che devi fare è imporre un prezzo sbagliato”. Le mascherine lavabili costano attorno ai 2,50, la richiesta per questo sta crescendo molto. “Noi produciamo 30 mila mascherine alla settimana, per ordini normali nell’ordine di 10- 15 mila mascherine riusciamo a evadere l’ordine in 10-12 giorni massimo”.