Il capo negoziatore dell’Ue per la Brexit, Michel Barnier, si è detto oggi a Bruxelles “deluso” e “pessimista”, ma anche “determinato” a continuare a cercare un accordo, al termine dell’ultimo round di cinque giorni di trattative (con 40 videoconferenze) con la controparte britannica sulle relazioni future con il Regno Unito. Durante una conferenza stampa trasmessa online, Barnier ha dato del round “un resoconto lucido, franco e deludente”, come l’ha definito lui stesso, sottolineando che i negoziati ora “andranno avanti con tempi estremamente brevi se il Regno Unito non deciderà entro giugno di chiedere una proroga di uno o due anni”, come sarebbe possibile in base agli accordi precedenti.
Alle controparti britanniche “ho detto che il round è stato molto deludente, e che spero che i prossimi round a giugno e luglio diano la traiettoria” verso la conclusione del negoziato, “che può portare a un ‘no deal’ col Regno Unito, o a un ‘deal’ ordinato”, ha detto il capo negoziatore europeo. E ha osservato: “Oggi non sono ottimista, resto determinato, ma trovo irrealista la pretesa del Regno Unito di ottenere tutti i vantaggi del mercato unico” senza esserne parte e senza rispettarne gli obblighi. “Le conseguenze della Brexit sono state sottostimate dai britannici, e a volte non se ne sono assunti la responsabilità”, ha sottolineato Barnier. E ha aggiunto: “Mi sembra che ancora oggi ci sia una reale incomprensione delle conseguenze oggettive, a volte automatiche, dell’uscita dal mercato unico europeo e dall’Unione doganale. Per progredire in questi negoziati bisogna che il Regno Unito sia più realista, che superi questa incomprensione e soprattutto che cambi strategia: non puoi volere il meglio di tutti e due i mondi”.
Barnier ha rimproverato la controparte britannica soprattutto per il fatto che non sembra intenzionata a tradurre in termini giuridici, con l’accordo sulle relazioni future, gli impegni comuni già sottoscritti dal premier Boris Johnson, e contenuti nella “Dichiarazione politica” allegata all’Accordo di recesso, che ha regolato i termini del “divorzio” di Londra dall’Ue. Il Regno Unito, ha lamentato il capo negoziatore europeo, sembra non avere intenzione di concretizzare in termini giuridici quell’impegno politico, soprattutto per quanto riguarda il “level playing field”, ovvero le condizioni di parità e rispetto reciproco nei rapporti economici e commerciali, che dovrebbero evitare una concorrenza sleale fra le due parti. In particolare, l’Ue vuole prevenire aiuti di Stato non regolati in modo equivalente e condizioni di dumping sociale e ambientale al di là della Manica. Su questo punto, ha detto Barnier, questo è stato “il round della divergenza”. Inoltre, Londra sembra poco interessata a portare avanti la cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale, perché “rifiuta di impegnarsi in un accordo che garantisca la tutela reciproca delle libertà individuali e dei diritti fondamentali sulla base della Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo, nonostante il fatto che questo sia stato concordato nella ‘Dichiarazione politica’”.
Il Regno Unito continua poi a non volere un meccanismo di “governance” unica degli accordi sulle relazioni future, che “ne garantisca l’efficacia e la trasparenza”. E Barnier ha giudicato “deludente” anche la “mancanza di ambizione” per la cooperazione sulle norme contro il riciclaggio del denaro sporco e il disinteresse britannico per i meccanismi di coinvolgimento dei parlamenti e della società civile in consultazioni riguardanti la politica commerciale. Altro punto dolente, Londra “insiste per abbassare gli standard attuali, e deviare dai meccanismi concordati per la protezione dei dati personali”; e questo “fino addirittura a chiedere all’Ue di ignorare o mettere da parte le propria legislazione e la giurisprudenza della Corte europea di Giustizia sulla direttiva Pnr per la protezione dei dati dei passeggeri, ciò che è evidentemente impossibile”. E mancano garanzie anche sulle norme più generali sullo scambio dei dati biometrici.
Un altro elemento di delusione per i negoziatori europei è l’atteggiamento del governo britannico sulla questione irlandese. L’Accordo di recesso comprendeva un protocollo specifico sull’Irlanda e l’Irlanda del Nord, che sostanzialmente prevedeva di mantenere quest’ultima all’interno del mercato unico europeo, per evitare il risorgere di una frontiera fisica all’interno dell’Isola. A questo fine, Londra si era impegnata a effettuare dei controlli (in partenza dal territorio britannico o all’arrivo) sulle merci che entrano in Irlanda del Nord dal resto del Regno Unito, per verificare che rispettino le norme del mercato unico. Ma, a poco più di sei mesi dalla fine del “periodo transitorio”, il primo gennaio 2021, non c’è traccia della predisposizione di questi controlli. “Il Regno Unito – ha riferito Barnier – non ha ancora presentato il suo approccio su come intende rispettare i suoi impegni” per assicurare che sia attuata la soluzione concreta prevista dal Protocollo per assicurare pace e stabilità nell’Isola, e che dovrà essere “pienamente operativa” il primo gennaio. “Lo attendiamo con fiducia dalle autorità britanniche, ma siamo anche vigili”, ha detto il negoziatore capo.