Si fa un gran parlare dell’Insurrection Act, la legge citata da Donald Trump per un intervento militare contro le proteste negli Stati Uniti dopo la morte di George Floyd, afroamericano ucciso dalla polizia di Minneapolis. Per ora il leader della Casa Bianca ha minacciato l’uso della forza federale solo a parole, scatenando aspre critiche. Ma se facesse sul serio sarebbe una vera novità per la storia americana. L’uso dell’esercito federale su territorio nazionale infatti è un tabù: ecco perché.
I rapporti fra gli Stati e il governo centrale sono sempre delicati. Di norma il presidente interviene solo su richiesta dei governatori (che altrimenti usano la guardia nazionale dello Stato). Solo dal 1950, con la legge McCarren sulla sicurezza interna, il presidente ha il diritto, senza neanche l’approvazione del Congresso, di decidere se negli Stati Uniti è in atto un’insurrezione. E solo in quattro casi dopo la II guerra mondiale il presidente è intervenuto senza una richiesta di un governatore.
Nel 1957, lo ha fatto Dwight D. Eisenhower a Little Rock, Arkansas, per consentire l’ingresso a scuola di nove studenti neri, proibito dal governatore locale. Fu un atto dirompente in difesa dei diritti civili contro la segregazione razziale, replicato poi tre volte da John F. Kennedy tra il 1962 e il 1963, in Mississippi e in Alabama. Ironico che oggi Trump invochi l’esercito contro chi protesta a favore dei diritti civili degli afroamericani.
Nel 1992, George Bush usò l’Insurrection Act e diresse le forze militari federali per ripristinare l’ordine nel mezzo delle rivolte di Los Angeles, ma su richiesta del governatore della California Pete Wilson. Nel 1989, il presidente aveva già invocato l’Insurrection Act per inviare truppe alle Isole Vergini per fermare il saccheggio seguito all’uragano Hugo. Anche in quel caso su richiesta del governatore locale. L’Insurrection Act è del 1807, ma l’ultimo emendamento alla legge risale al 2006, sotto la presidenza di George W. Bush alle prese con l’uragano Katrina. E fu ferocemente criticato dal New York Times in un editoriale secondo cui di fatto consentiva l’applicazione della legge marziale.