Un ennesimo boomerang colpisce il Conte 2. L’affaire della vendita di due navi italiane all’Egitto spacca la maggioranza e a sua volta divide il Partito Democratico. Ma soprattutto suona come una legge del contrappasso per il MoVimento Cinquestelle che sulla tragica fine di Giulio Regeni per anni ha attaccato i governi Renzi e Gentiloni, rei non solo di non agire col pugno duro nei confronti dell’Egitto ma di fare affari con Il Cairo in barba – a suo dire – alla morte del giovane ricercatore italiano avvenuta nella capitale egiziana il 3 febbraio 2016 e da allora nulla s’è più saputo. Un’operazione che scatena un putiferio e che vede anche in prima linea la Marina Militare chiedere spiegazioni sull’affaire militare del governo. L’ammiraglio Giuseppe De Giorgi, parla di “amarezza per la notizia dell’imminente cessione all’Egitto di Nave Spartaco Schergat e Nave Emilio Bianchi, da poco intestate con solenne cerimonia a due eroiche medaglie d’oro della Marina, in cambio di una possibile esportazione di armamenti verso l’Egitto, i cui contorni sono tutti ancora da definire”. Infatti, l’affaire consisterebbe nella vendita delle due navi per circa 1,2 miliardi di euro e successive commesse per oltre 10 miliardi per la vendita di armamenti da parte dell’Italia agli egiziani.
Democristiana la dichiarazione dei deputati Pd, Alberto Pagani e Carmelo Miceli: “Si tratta di una collaborazione politica e militare con il principale Paese del Nord Africa, che può aiutarci a garantire la stabilità, la pace e la sicurezza del Mediterraneo”. Ma di Regeni nessuna parola. Sbotta invece il parlamentare dem, Matteo Orfini: “Leggo che il Pd sarebbe favorevole alla cessione delle fregate militari all’Egitto. Posizione che non abbiamo mai discusso da nessuna parte. E che è sbagliatissima. Spero che Nicola Zingaretti intervenga e corregga”. Sulla stessa linea LeU. “Segnalo al Governo – avverte il parlamentare Nicola Fratoianni – che se viene messa in campo e portata a compimento un`operazione commerciale cosi vasta fino alla vendita di navi militari, è evidente che si indebolisce la posizione del nostro Paese, dentro una normalizzazione irragionevole, per esigere la verità e la giustizia per l`omicidio di Giulio Regeni”.
Intanto, il boomerang sul M5s produce i primi effetti. E se da un lato il ministro degli Esteri Luigi Di Maio si arrampica sugli specchi ribadendo che “la procedura per conclusione trattativa tuttora in corso”. Dall’altro lato, il capo della Farnesina evidenzia in stile Prima Repubblica che l’Egitto è “uno degli interlocutori fondamentali nel Mediterraneo, nell’ambito di importanti dossier come il conflitto in Libia, la lotta al terrorismo e i traffici illeciti, nonché la gestione dei flussi migratori e la cooperazione in campo energetico”. E’ proprio vero che sono finiti i tempi dei vaffa. Questo era il Di Maio quando non era nella stanza dei bottoni ma all’opposizione. “A giudicare dalle passerelle dei nostri ministri e dalle timide dichiarazioni del premier, anche in questa vicenda, ancora una volta si rischia di preferire gli interessi economici – narrava l’attuale ministro degli Esteri -. In Egitto l’Eni ha interessi stratosferici ed Edison, Intesa Sanpaolo… Alcuni di questi gruppi hanno Renzi al guinzaglio e non gli permetteranno mai di fare la voce grossa con il dittatore al Sisi per ottenere la verità sui responsabili della morte di Giulio”. Ora invece Di Maio sta trattando con gli egiziani per la vendita di navi e armamenti.
Vito Crimi non si riconosce più (politicamente). “Non vendere le fregate all’Egitto non avrebbe portato nessun valore aggiunto nel percorso per raggiungere la verità sulla morte di Giulio Regeni”, afferma il capo politico pentastellato ovvero la linea ufficiale del M5s sull’affaire. L’operazione ha portato la commissione parlamentare d’inchiesta sulla morte di Regeni a convocare “urgentemente” il premier Giuseppe Conte. “La scelta del governo tradisce le promesse fatte alla famiglia Regeni”, dice il presidente della commissione Erasmo Palazzotto (Leu). Convocazione che sembra aver infastidito lo stesso premier che a stretto giro di posta risponde: “Non è usuale che un presidente del Consiglio sia chiamato a riferire a una commissione di inchiesta ma appena possibile sarò davanti alla commissione a riferire”. Il fatto è che l’Italia nello scacchiere internazionale non ha più il “peso” di una volta. L’Egitto ha due potenti alleati come gli Usa che appoggiano il regime del generale che ha fatto fuori i Fratelli Musulmani con il sostegno non indifferente dei miliardi dell’Arabia Saudita. E la Russia che punta a basi militari in territorio egiziano. In questo scenario c’è la Francia, uno dei maggiori fornitori di armamenti del Cairo e che dopo l’uscita della Gran Bretagna è rimasto l’unico Paese Ue membro del consiglio di sicurezza Onu e potenza nucleare. Scacchiere che in merito non vede la pedina italiana.