La Procura generale presso la Corte di appello di Roma ha disposto l’obbligo di dimora a Sacrofano e il divieto di espatrio per Massimo Carminati, scarcerato ieri dal penitenziario di Oristano, per scadenza dei termini. E’ durata poche ore appena, dunque, la libertà di Massimo Carminati. L’ex militante dei Nar ieri aveva lasciato il carcere di Oristano, dopo una detenzione di 5 anni e 7 mesi per la vicenda ‘Mondo di Mezzo’, per decorrenza dei termini della carcerazione preventiva.
La Procura generale presso la Corte di appello di Roma gli ha notificato oggi l’obbligo di dimora a Sacrofano, ravvisando un pericolo di fuga. Nei confronti di Carminati è stato emesso anche un divieto di espatrio. A giustificare il provvedimento sono stati, tra l’altro, i suoi precedenti giudiziari. Tra i tanti episodi, anche l’arresto del 20 aprile del 1981, a 23 anni, quando fu bloccato dalla polizia con altri due militanti nei pressi del valico del Gaggiolo (in provincia di Varese) mentre viaggiava a bordo di un’auto a fari spenti con l’intento di espatriare clandestinamente in Svizzera. Gli agenti fecero fuoco e un proiettile colpì in faccia Carminati che perse l’uso dell’occhio. Gli altri due rimasero illesi.
Secondo Alfonso Sabella, magistrato, “Carminati è uscito per un problema di carattere tecnico-giuridico, ma anche di regole di uno Stato di diritto”. “Ha fatto 5 anni e 7 mesi di carcerazione preventiva, la Cassazione ha detto che è colpevole, ma ha rimandato alla Corte d’appello una rideterminazione delle pene – spiega l’ex assessore della giunta capitolina guidata dal sindaco Ignazio Marino -. Poiché non si sa quanto debba fare di carcere, nel frattempo i termini di custodia cautelare sono scaduti e in un Paese civile oltre 5 anni di carcerazione preventiva sono abbastanza. Da cittadino romano ovviamente sono arrabbiato, perché una persona col curriculum criminale di Carminati. vederla tornare libero a casa mi fa male. Ma da magistrato non posso che prendere atto che queste sono le regole del nostro Paese – aggiunge – menomale che esistono queste regole”.
“E’ giusto che il ministro faccia le sue verifiche, ma in questa vicenda – prosegue il magistrato – non so quali errori ci potrebbero essere. La vedo difficile ipotizzare errori o ritardi. Purtroppo la politica tende troppo spesso a parlare alla pancia del Paese anziché educare il Paese. Bisognerebbe spiegare che certe cose, per quanto possano sembrare strane, rientrano nello Stato di diritto, e menomale, perché lo Stato è diverso dalla mafia e dalla criminalità”.
Sulla caduta dell’accusa di associazione mafiosa per Buzzi e Carminati. Sabella aggiunge: “Quando arrivai in Campidoglio ho trovato tanta corruzione, ma non ho trovato mafia. La questione di mafia capitale è una questione di carattere tecnico che da magistrato mi appassiona. Ma da italiano che cosa me ne frega se giuridicamente rientra nell’articolo 413 bis o 416, quando quelle indagini hanno messo in luce un sistema devastato, un sistema pubblico sottomesso ad interessi privati”.