Ufficialmente la parola d’ordine è “va tutto bene”, Giuseppe Conte si complimenta in pubblico con i senatori di maggioranza che sono tornati “in alcuni casi viaggiando anche di notte, con mezzi di fortuna” pur di essere in aula alle 9.30 a votare la fiducia. Il premier e la maggioranza cercano in questo modo di far dimenticare le ultime 24 ore di ordinaria follia che hanno visto la coalizione di governo sbandare in maniera pericolosa sul “decreto elezioni”. Ma le cose sono molto meno tranquille di come le descrive il presidente del Consiglio, non è ancora vero che la maggioranza “non c’è più”, come dice il centrodestra, ma quello che è accaduto preoccupa sia Conte che i leader dei partiti perché, ammette un parlamentare Pd, “è da un po’ che è in atto uno sfilacciamento. La verità è che i 5 stelle sono sempre più imprevedibili, per le loro fibrillazioni interne”. Una situazione che mette in allarme, soprattutto in vista di passaggi difficili come quello sul Mes.
Matteo Renzi già nelle ultime ore ha cominciato a rivendicare di avere “salvato il governo” e a chiedere”più attenzione” alla maggioranza. Altri esponenti di Iv, dicono esplicitamente che da tempo in Senato ogni voto è diventato un motivo di apprensione, “perché i numeri sono diventati sempre più risicati”. Non formalmente, perché sulla carta il governo può contare sempre su circa 168 voti. Ma di fatto sempre più spesso – come accaduto ieri e oggi – la maggioranza ce la fa solo per il rotto della cuffia. “Non c’è un disegno politico – sostiene un dirigente Pd – ma è un dato di fatto che nel Movimento la situazione sta sempre più sfuggendo di mano, c’è malumore, in alcuni casi sono posizioni effettivamente diverse, in altri casi qualcuno si chiede se non sia meglio lasciare l’onere di affrontare questa fase ad un nuovo “governissimo” tra Pd e centrodestra, recuperano le mani libere dell’opposizione”.
Gli scontri con M5s aumentano: nelle ultime settimane si è sfiorata la rottura sulla regolarizzazione dei migranti, sul concorso dei precari della scuola. Ora è la volta dei decreti sicurezza, del decreto dignità, senza contare che sulle missioni in Egitto e Libia rischia di spaccarsi lo stesso Pd. Spiega un parlamentare democratico: “Loro sono estremamente divisi in gruppi che quasi non si parlano: ci sono Toninelli, Lezzi – gli ex del governo con la Lega, insomma – che non hanno mai digerito l’estromissione dal `Conte 2′. C’è un’area più in sintonia con la destra, un’ala che guarda a Di Battista, un’area di `peones’ che è imprevedibile…”. Conclude il parlamentare Pd: “Basta guardare le presenze di ieri, quando è mancato il numero legale: nel Pd c’erano tre assenti, nei 5 stelle 8…”.
Anche in commissione anti-mafia, durante l’audizione di Nino Di Matteo, il Movimento ha avuto posizioni diverse. Qualcuno – come Vittoria Baldino – avrebbe di fatto sostenuto il Pm, senza mai esprimere parole di solidarietà con il ministro Alfonso Bonafede, mentre altri come Luca Migliorino avrebbero preso le difese del guardasigilli e incalzato il magistrato. Uno scenario che può diventare esplosivo sul Mes, e non a caso Conte sta cercando di rinviare l’appuntamento. “Sul Mes – spiegano un parlamentare di Leu – bisogna fare attenzione. Cosa succede se al Senato diventano decisivi i voti di Fi? Sarebbe di fatto un cambio di maggioranza, non si potrebbe far finta di niente. E con la situazione che c’è dentro al gruppo M5s è molto probabile che Fi sia determinante”.
Un fatto è certo. Zingaretti e Berlusconi sono sempre più vicini. E questo non fa che alimentare rumors e dietrologie. Al di là di molte ricostruzioni, l’operazione evidente è una sola: i due leader stanno facendo una rete di protezione intorno al premier Conte. Ma da qui a un nuovo governo con Forza Italia dentro ce ne passa. Zingaretti non vuol sentir parlare di rimpasti o governi alternativi e punta tutta la sua attenzione su un altro fronte: ora la sfida consiste nel come affrontare il crescente disagio sociale post-pandemia preservando l’esecutivo ed evitando contraccolpi che potrebbero far precipitare la situazione, cioè la maggioranza. Nasce da qui il suo appello alla “concordia nazionale” pubblicato la settimana scorsa dal Corriere della Sera.