La poltrona di Mimmo Parisi sembra avere le ore contate. Il prof amico di Luigi Di Maio, venuto dal Mississippi, trovando l’America in Italia, è nel mirino di Giuseppe Conte. L’italo americano voluto dal MoVimento Cinquestelle è da quindici mesi a capo dell’Anpal, l’Agenzia nazionale per le politiche attive sul lavoro. E’ stato chiamato per trovare il lavoro ai disoccupati che percepiscono il Reddito di cittadinanza e per dare vita a un’app in grado di incrociare offerta e domanda di lavoro. N’è l’una, né l’altra hanno visto la luce. In compenso, Parisi, ha dato vita ai Navigator, migliaia di creature mitologiche – visto cosa hanno prodotto fino a oggi – che prendono un regolare stipendio di 1.700 euro netti e pure i famosi 600 euro di bonus previsti per la crisi Covid. Soldi degli italiani buttati al vento, visti i risultati certificati dalla Corte dei conti, secondo cui solo il 2 per cento delle persone che ha ricevuto il Reddito di cittadinanza è riuscito poi a ottenere un lavoro attraverso i centri per l’impiego.
Scrive la magistratura contabile: “Risultano essere state accolte circa un milione di domande, a fronte di quasi 2,4 milioni di richieste, delle quali soltanto il 2 per cento ha poi dato luogo a un rapporto di lavoro tramite i centri per l’impiego”. Come dire, un flop. Intanto, in questi quindici mesi di lavoro, tra rimborsi spesa e stipendio, Parisi ha messo in tasca poco più di 400mila euro. E così sono in tanti che chiedono da tempo la testa del professore del Missisipi. Non sappiamo se questo imbarazzi il M5s: finora nessuna parola è uscita dalla bocca di Di Maio e del reggente Vito Crimi. Di certo, le lamentele sull’operato di Parisi continuano ad arrivare al premier. Forte è anche il malcontento, soprattutto tra i dem e nei renziani, per la gestione di un organismo importante come l’Anpal “di fatto ferma al palo con l’arrivo di Parisi”. La gestione dell’italoamericano, in questi quindici mesi di certo è stata caratterizzata da polemiche per il suo stipendio e per i suoi rimborsi spesa.
Un compenso da 160 mila euro l’anno e che lo stesso professore del Missisipi voleva che si aumentasse a 240 mila euro (“Con Di Maio erano questi i patti” ha dichiarato in un’intervista). Poi la mancata rendicontazione delle spese da oltre 160mila euro del 2019, tra voli in business class da e per il Mississippi, l’appartamento in affitto ai Parioli e l’autista personale. E a confermare la scarsa trasparenza sulle note spese mai rendicontate dall’uomo di Di Maio è stata la stessa direttrice dell’Anpal, Paola Nicastro. Nei giorni scorsi, la deputata del Pd, Debora Serracchiani, in Commissione Lavoro della Camera, è tornata ancora una volta a chiedere conto delle spese sostenute da Parisi.
A rispondere il sottosegretario al Lavoro, Stanislao Di Piazza (M5s), che ha di fatto difeso Parisi, affermando che l’italoamericano ha trasmesso la documentazione alla direzione di Anpal, che avrebbe dovuto poi aggiornare il sito. Ma, come già detto, secondo la dirigente dell’Agenzia, la rendicontazione degli oltre 160mila euro non sarebbe mai stata mai inviata. Insomma, qualcosa non torna. Eppure la trasparenza era nel Dna dei Cinquestelle. Ma pare che non sia più tempo di scatolette di tonno. Capitolo a parte, la fantomatica app di incrocio tra domanda e offerta di lavoro e che Parisi doveva realizzare ma che fino a oggi non c’è traccia. Per non parlare del rischio di un potenziale conflitto di interessi, visto che Parisi in Mississippi ha creato una app di matching, Mississippi Works, del valore di circa 100 milioni. Da qui la mossa di Conte. L’idea del premier è affidare il progetto app dell’Anpal alla ministra dell’Innovazione, Paola Pisano, commissariando così nei fatti Parisi dato che – a detta di Palazzo Chigi – la ministra si è mossa bene con l’applicazione “Immuni”.