Perché Israele ha frenato su annuncio annessione della Cisgiordania

Perché Israele ha frenato su annuncio annessione della Cisgiordania
Il premier israeliano, Benjamin Netanyahu
2 luglio 2020

Sono quattro, secondo il Jerusalem Post, i motivi per cui l’annessione di parte della Cisgiordania occupata da Israele, prevista dal piano di pace dall’amministrazione americana del presidente Donald Trump e fortemente voluta dal premier israeliano Benjamin Netanyahu, non è stata annunciata nella giornata di ieri come era nei programmi di governo. Il quotidiano israeliano cita in primo luogo il “disagio” di Washington, “Inquietudine” e “ansia” del fronte interno, la “reazione” dei palestinesi e le ripercussioni a livello regionale e internazionale, e per ultimo “la pandemia di coronavirus”.

Lo stato ebraico aveva fissato il primo luglio come data entro la quale deve decidere in merito all’attuazione del piano di pace degli Stati Uniti per il Medio Oriente svelato da Trump lo scorso 28 gennaio; un piano che prevede la creazione di uno stato palestinese in un territorio frammentato su circa il 70% della Cisgiordania e l’annessione da parte di Israele del restante 30%, in particolare le aree occpuate dagl insediamenti di coloni israeliani e la Valle del Giordano. Netanyahu aveva negoziato la data nel suo accordo di coalizione con il suo rivale Benny Gantz. Ma martedì il primo ministro, dopo un incontro con funzionari americani, ha dovuto ammettere che “non succederà nulla di grosso il primo luglio”. L’ammissione di Netanyahu non significa che l’annessione integrale o in qualche altra forma non accadrà mai, secondo i media israeliani.

A non far andare le cose come sperato e promesso in ben tre campagne elettorali da Netanyahu, sarebbe principalmente il “disagio” degli alleati americani per “una mossa che avrebbe enormi ripercussioni politiche ben oltre il Medio Oriente” a pochi mesi dalle elezioni Usa. Disagio spiegato a Netanyahu in dall’inviato della Casa Bianca Avi Berkowitz e l’ambasciatore Usa in Israele David Friedman in un incontro avvenuto ieri a Gerusalemme. Il secondo motivo, il quotidiano, lo vede nell’ “inquietudine” del partner di governo e leader di Kahol Lavan Benny Gantz oltre che dall'”ansia” dei militari “ignorati” dal primo ministro. Secondo il Jp, “l’esercito israeliano è stato tenuto completamente fuori dal processo, dando origine a ansie per una possibile risposta di sicurezza confusa”. Gantz, che dovrebbe subentrare a Netnyahu alla guida del governo tra un anno, da parte sua ha più volte detto che accetterà il piano di estendere la sovranità di Israele “solo se l’idea ottiene un sostegno più ampio di quello che ha attualmente”. Condizione che per il momento è lontana dal concretizzarsi con diversi “leader europei che hanno minacciato sanzioni nei confronti di Israele” e i paesi arabi moderati come gli Emirati Arabi e l’Arabia saudita che hanno prospettato “disastri” nella regione.

Come terzo motivo ci sono i palestinesi, che hanno minacciato di proclamare un proprio Stato con Gerusalemme est capitale subito dopo l’annuncio di annessione. Inoltre le autorità palestinesi (ANP) hanno “già rinnegato tutta la cooperazione in materia di sicurezza con Israele e hanno persino smesso di prendere i soldi delle tasse detenute per loro” dallo Stato ebraico. Di contro, in una sorprendente svolta, – sottolinea il giornale – l’ANP avrebbe comunicato al cosiddetto Quartetto – il gruppo diplomatico di Stati Uniti, Nazioni Unite, Unione Europea e Russia – che è “pronto a riprendere i negoziati bilaterali diretti dove si sono fermati”. L’annessione farebbe sparire questa possibile apertura. Per ultimo, a infrangere i sogni di Netanyahu, ci sarebbe la pandemia di coronavirus ripresa a salire a livelli preoccupanti in Israele, allarmando l’alleato-rivale Gantz che è arrivato a chiedere al governo di dare la priorità a questa questione invece che all’annessione. askanews

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