Dopo vecchia Europa Papa in Turchia tra “Sultano” e “Califfo”

27 novembre 2014

#papabergoglioAll’origine c’e’ uno scherzo del calendario. I due viaggi, programmati da tempo, sono stati rinviati perché tanto l’Unione europea quanto la Turchia affrontavano la prova del voto e si sarebbe potuto facilmente strumentalizzare una visita del Pontefice. Gli organizzatori hanno dovuto sistemare l’agenda. Il risultato, un po’ casuale, assume pero’ un valore fortemente simbolico. Dopo il Parlamento europeo e il Consiglio d’Europa, la moschea blu di Istanbul. Tutto nella stessa settimana. Dopo il cuore dell’Europa, martedi’, quella Strasburgo un tempo contesa tra Francia e Germania, solcata dalle trincee della Grande guerra, ed oggi sede delle istituzioni che hanno segnato la pace e il benessere (nonché un certo declino) del Vecchio continente, Papa Francesco visita, da domani a domenica, la Turchia, Paese a cavallo del Bosforo, tra Europa ed Asia, revanscismo musulmano e prospettive di integrazione Ue, l’esteso potere di Recep Tayyip Erdogan (“Democrat or sultan?”, si e’ domandato l’Economist dopo la sua recente elezione alla presidenza) e le fibrillazioni (mai del tutto sopite) dei ragazzi di piazza Taksim.

Il Pontefice argentino, il primo Papa della globalizzazione, pungola l’Europa, snobbando le sue capitali e avvertendo i suoi parlamentari che il Vecchio continente rischia di essere una “nonna” infertile. Da uomo dell’emisfero australe difende i migranti, gli emarginati, le cause ambientali, critica, in modo neanche tanto dissimulato, gli Stati Uniti. Parla senza complessi ai Paesi emergenti e a quelli in via di sviluppo. Erede dei gesuiti missionari in Giappone (Francesco Saverio) e Cina (Matteo Ricci), smentisce sempre di piu’ l’identificazione tra cattolicesimo e occidente e guarda ad Oriente (e’ di ieri la notizia che l’ambasciatore cinese presso il Quirinale, Li Ruiyu, avrebbe fatto rientro a Pechino per parlare con le autorita’ del Paese degli sviluppi positivi nei rapporti con la Santa Sede). L’arcivescovo di Buenos Aires aveva ottimi rapporti con la locale comunita’ ebraica e musulmana. Il Papa che ha ereditato il nome dal santo Francesco che incontro’ il sultano ai tempi delle crociate va in Turchia con atteggiamento ben diverso da Benedetto XVI, che li’ si reco’ – cordialmente – dopo che da cardinale aveva escluso l’ingresso del paese anatolico nell’Unione europea e da Papa aveva offeso una parte del mondo musulmano, senza volerlo, con il noto discorso di Ratisbona, oltre ad assistere da lontano alla morte di monsignor Luigi Padovese, vicario apostolico per l’Anatolia, ucciso in circostanze mai del tutto chiarite. “Invito tutti a pregare perché questa visita di Pietro al fratello Andrea porti frutti di pace, sincero dialogo tra le religioni e concordia nella nazione turca”, ha detto ieri Jorge Mario Bergoglio all’udienza generale in piazza San Pietro. Il motivo primo del viaggio ad Istanbul ed Ankara, in effetti, e’ l’incontro con il patriarca ortodosso ecumenico di Costantinopoli, quel Bartolomeo con il quale c’e’ ormai una affettuosa consuetudine.

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Papa Francesco visita la Turchia anzitutto per “rafforzare i legami di amicizia, di collaborazione e di dialogo fra le Chiese”, e per “esprimere preoccupazione per la situazione e la sorte di tanti fratelli cristiani che si trovano in situazioni di difficolta’ e di persecuzione”, ha spiegato ai microfoni del Centro televisivo vaticano il segretario di Stato vaticano, cardinale Pietro Parolin. Molte altre, pero’, le questioni toccate: il dialogo interreligioso (“occorre denunciare la manipolazione della religione e l’uso del nome di Dio per fare violenza”), la delicata situazione in Medio Oriente (“la soluzione non puo’ che essere regionale, comprensiva, tenendo conto degli interessi e delle aspettative di ognuna delle parti coinvolte”) e la presenza dei cristiani in Turchia e nella regione (“nonostante le difficolta’, la Chiesa cattolica e’ impegnata nel dialogo con l’Islam”).

Se sulla situazione in Iraq e Siria, sulla presenza dell’autoproclamato Califfato e sulle persecuzioni dei cristiani la Santa Sede e il Paese guidato da Erdogan possono trovare punti di convergenza, piu’ controversa – ma probabilmente rimarra’ sottotraccia – e’ la vicenda armena: Jorge Mario Bergoglio, a Buenos Aires, parlo’ esplicitamente del “genocidio” di cui questa popolazione fu vittima nell’impero ottomano, con un termine molto poco gradito ai vertici turchi. E non e’ escluso che nel 2015 si rechi in Armenia nel centenario di quella vicenda. Il calendario del viaggio papale e’ molto intenso (escluso il sabato pomeriggio). Il 28 sara’ ad Ankara, dove visitera’ il mausoleo di Ataturk (foto)e incontrera’ tra l’altro Erdogan, le autorita’ civili e il Ministero degli affari religiosi al Diyanet, mentre il 29 e 30 si spostera’ ad Istanbul, dove il primo giorno visitera’ il “museo” di Santa Sofia e la moschea blu “Sultan Ahmet” e dira’ messa per la comunita’ cattolica nella cattedrale dello Spirito Santo e domenica partecipera’ ad una Divina liturgia ortodossa presieduta dal Patriarca Bartolomeo in occasione della festa di Sant’Andrea e firmera’ un messaggio congiunto (niente Angelus). L’esoso e contestato palazzo del presidente turco Erdogan, dove papa Francesco sara’ ricevuto il 28 novembre all’inizio di un viaggio, e’ “un problema che non riguarda la Santa Sede o il Papa”, ha avuto a spiegare il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi. “Il Papa – ha detto Lombardi – e’ persona che viene invitata e va, come ogni persona educata, dove il Presidente lo riceve”.

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Papa Francesco potrebbe pregare quando visitera’ la moschea blu di Istanbul, ma non si tratterebbe, come gia’ accaduto per Benedetto XVI, di una “preghiera formale” o pubblica, quanto piuttosto di un momento di “raccoglimento” personale, “senza esprimere esteriormente atteggiamenti o parole specifiche”, di fronte a Dio, ha precisato Lombardi. Padre Lombardi ha anche precisato che “nel programma non e’ previsto un momento di preghiera pubblica” nella tappa a Santa Sofia, ex chiesa cristiana. Non e’ prevista una visita alla casa attribuita dalla tradizione alla Madonna, vicino Efeso. Quanto alla possibilita’ di un imponente dispiegamento di forze di sicurezza, “ricordo anch’io misure di sicurezza notevoli a Istanbul, l’altra volta, non mi stupirei ce ne siano anche in questo contesto”, ma a ogni modo, “quando si va ospiti di un paese la sicurezza dipende dai criteri decisi dal governo locale”. Come e’ sua consuetudine, ad ogni modo, e non senza qualche apprensione degli uomini della sicurezza, Papa Francesco non ha voluto un’auto blindata.

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