Regionali, Salvini riprova la spallata: stavolta test è Toscana

Regionali, Salvini riprova la spallata: stavolta test è Toscana
Matteo Salvini
21 settembre 2020

Matteo Salvini ci riprova. Le Regionali come detonatore per far saltare l’alleanza M5s-Pd, la Toscana come terra simbolo da strappare alla sinistra. Il copione è lo stesso della tornata di ottobre, quando l’obiettivo (centrato) era l’Umbria; e di gennaio, quando la madre di tutte le battaglie (persa) era l’Emilia-Romagna. Al terzo tentativo, il segretario della Lega culla il sogno del 7 a 0: le scontate riconferme di Zaia e Toti in Veneto e Liguria, e poi Marche, Campania, Puglia, Valle d’Aosta. E la Toscana appunto. Che per Salvini è il vero test.

Tolta la Valle d’Aosta e la sua specificità, nelle altre regioni a dare all’assalto alla sinistra saranno infatti candidati espressione degli alleati: Fratelli d’Italia in Puglia e nelle Marche, Forza Italia in Campania. Con nomi che Salvini ha contestato fino a poche settimane prima della presentazione delle liste, provando – senza riuscirci – a scompaginare accordi già siglati. Solo Susanna Ceccardi dunque porta il vessillo della Lega per Salvini premier, visto che Luca Zaia fa corsa a sè, sotto le insegne del Leone di San Marco, con una propria lista che secondo i sondaggi doppierà i consensi leghisti. Un successo che se avesse le dimensioni previste potrebbe quindi risolversi in un problema per Salvini, a maggior ragione se non dovesse riuscire ad espugnare la Toscana.

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I sondaggi di Salvini sono infatti fermi al 25%, il “format” come detto è lo stesso da mesi, mentre Giorgia Meloni incalza. Fratelli d’Italia potrebbe affermarsi con i suoi candidati Acquaroli e Fitto nelle Marche e in Puglia, mentre l’ennesimo tentativo di spallata di Salvini potrebbe non concretizzarsi: insomma, se la Toscana rimarrà ‘rossa’, Salvini potrebbe trovarsi con FdI sempre più a ridosso, Zaia sempre più leader a lui alternativo, e la spalla dolorante. Al contrario, con l’eventuale vittoria in Toscana Salvini potrebbe rivendicare un risultato storico, quello che non riuscì a Lucia Borgonzoni in Emilia-Romagna, e ridare smalto alla sua leadership. Per riuscirci il segretario leghista ha cambiato approccio rispetto a gennaio: insiste sul valore locale del voto, assicura che non chiederà le dimissioni del governo in caso di vittoria. E per il dopo voto spera nel combinato disposto di regionali, referendum, tensioni interne al M5s.

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