“Ancora oggi, nel 2020, nel reparto operativo dei Carabinieri c`è qualcuno che passa gli atti a qualche imputato. Siamo stanchi di questi inquinamenti probatori che vanno avanti da 11 anni”. Lo ha detto il pubblico ministero Giovanni Musarò nel corso di un intervento nel processo per i depistaggi seguiti alla morte di Stefano Cucchi. Sotto accusa ci sono otto militari dell`Arma. Il collegamento fatto dal magistrato riguarderebbe alcuni documenti depositati nella scorsa udienza dal difensore di uno degli imputati e che non sarebbero stati richiesti in modo formale. “Siamo stanchi di inquinamenti – ha detto ancora il pm – e vogliamo identificare l’autore. Sono 11 anni che subiamo depistaggi che continuano”.
La difesa. “Il pm Musarò si alza e denuncia depistaggi in atto e documenti in possesso all’imputato Testarmata che non poteva avere”. Lo scrive in un post su Facebook, l’avvocato Fabio Anselmo, legale della famiglia di Stefano Cucchi. “‘C’è un Giuda, un cavallo di Troia che speriamo di identificare – ha detto il pm Musarò, secondo il legale – che fornisce atti e documenti per una verità parziale e fuorviante’. Come dire: non abbiamo finito e non finiremo mai di subire interferenze illecite”. “All’udienza scorsa mi ero molto arrabbiato per il modo di procedere della difesa Testarmata sosprattutto in possesso di documenti che non erano nel fascicolo. Mi ero opposto alla loro produzione ed utilizzo chiedendo esplicitamente lumi sulle modalità con le quali ne era venuto in possesso. Avevo ragione”. Lo ha spiegato l’avvocato Fabio Anselmo, legale di parte civile per la famiglia di Stefano Cucchi, riguardo alle parole del pm Musarò di oggi davanti.
La sorella. “Ho sempre nutrito e continuo a nutrire profondo rispetto per L`Arma dei Carabinieri. Ritengo lo meriti assolutamente. Oggi però, di fronte ai nuovi fatti, alzo le braccia. Abbiamo un Cucchi Quater. Il lupo perde il pelo ma non il vizio”. Lo ha scritto Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, su Facebook in merito alle dichiarazioni del pm Giovanni Musarò in aula che ha denunciato il perpetuarsi di depistaggi.
L’Arma. “Ci rendemmo conto che c’erano due annotazioni di servizio diverse tra loro ancorchè avessero la stessa data e protocollo”. E` quanto affermato dal capitano dei carabinieri Nico Blanco, ex comandante della compagnia Montesacro, sentito come testimone. Nel corso della sua ricostruzione Blanco ha di fatto ricordato che il suo collega, il capitano Tiziano Testarmata già in servizio al nucleo investigativo (e sotto accusa nel processo, con altri 7 militari dell’Arma), mise in evidenza la presenza di falsi, in merito alle condizioni di salute di Stefano dopo il suo arresto. Blanco ha detto di aver pensato che lo stesso Testarmata avrebbe informato l`autorità inquirente.