Non è stato semplice, ma questa volta “Middle Class Joe” ce l’ha fatta. A 77 anni, il “migliore vicepresidente che l’America abbia mai avuto” (secondo Barack Obama) si prepara a entrare nell’Oval Office da 46esimo presidente degli Stati Uniti. Dovrà prendere il comando di un’America divisa, polarizzata a livello istituzionale e sociale dopo quattro anni di presidenza Trump, commander in chief che ha usato le divisioni come arma e non come problema da gestire. Un Paese per giunta in preda alla pandemia da coronavirus e ai timori per le conseguenze sull’economia. E intanto, lo stesso presidente Trump ha lasciato la Casa Bianca indossando scarpe da golf, impermeabile e cappellino bianco, e per la prima volta dalla fine di settembre è andato nel suo golf club in Virginia. All’ingresso del club c’erano alcuni dimostranti con striscioni a favore di Biden, quando è arrivato. Il tycoon sta facendo il tutto per spazzare via quest’aria di sconfitta che continua ad arrivare dalle urne. Ma i numeri, per lui, Trump, continuano ad essere implacabili anche se il verdetto finale arriverà tra alcune settimane.
Di certo, con Biden, alla Casa Bianca torna un veterano della politica: dal 2008 due mandati da braccio destro di Obama dopo una lunga carriera, iniziata nel 1972 con l’elezione al Senato per il Delaware (sei mandati) e passata per una candidatura alla presidenza nel 1988, naufragata nel plagio – confessato – di un discorso dell’allora leader laburista Neil Kinnock. Non sono mancate in tutti questi anni le critiche e ampi spunti per attacchi politici, dalle iniziali posizioni filo-segregrazioniste sulle scuole alla gestione del caso del giudice Clarence House accusato di molestie dalla collaboratrice Anita Hill e confermato alla Corte suprema nel 1991, con Biden alla guida del Comitato giustizia del Senato. Nel 1994 il neoeletto presidente difendeva strenuamente una legge anticrimine che molti suoi compagni del partito democratico considerano causa di troppe incarcerazioni e troppo lunghi processi. Nel 2012 – ma questa va alla voce ‘gaffes’ di Joe Biden – si dichiarò favorevole ai matrimoni omosessuali giorni prima che lo facesse il presidente. Nato il 20 novembre del 1942 a Scranton, Pennsylvania, in una famiglia cattolica di origini irlandesi Joe Biden come nessuno sulla scena politica americana è stato ‘plasmato’ dal dolore e dalla tragedia della perdita di familiari. Nel 1972 la moglie Neila e la figlia più piccola, Naomi Christina, morirono in un incidente d’auto. E Biden giurò da senatore dall’ospedale dove erano stati ricoverati i due figli sopravvissuti, Beau e Hunter. Nel 2015 Beau fu stroncato da un tumore al cervello. Dal matrimonio del 1977 con Jill Tracy Jacobs è poi nata la figlia Ashley nel 1981.
Tutto questo ha influenzato, oltre al piano personale, le decisioni di Biden in politica, dalla sua carriera in Senato alla scelta di chiamarsi fuori dalla gara per la Casa Bianca nel 2016. Gli amici del Delaware, chi ha lavorato con lui sostengono che Joe, anche ‘grazie’ a tutto il dolore macinato in vita, è diventato nel tempo più empatico, in grado di entrare in contatto immediato con la gente. Amplificando un’indole che parla delle radici working-class e dalla scuola cattolica frequentata. Per l’ex vicepresidente candidato alla Casa Bianca, l’Election day non poteva iniziare se non con una visita alla tomba del figlio Beau. “Lui avrebbe dovuto essere candidato alla presidenza, non io”, ha detto l’ex vice di Obama durante la campagna. Il calore personale emanato da Biden non è solo un punto a favore: all’inizio della campagna per la presidenza è stato accusato da diverse donne di contatti fisici non richiesti e lui si è difeso sostenendo di essere una persona empatica. In qualche modo questo aspetto ha accresciuto l’impressione che ‘Sleepy Joe’ (copyright Donald Trump) non abbia sempre il controllo della situazione.
Le frequenti gaffes e gli inciampi linguistici non aiutano e più di una volta è stata messa in dubbio la sua sanità mentale. John Hendrickson, giornalista balbuziente che lo ha intervistato, sostiene che il vero problema sia proprio un problema di balbettamento mai superato, che il neo-eletto cerca di far passare come problema risolto e che invece lo manda spesso in tilt. Biden non avrà facile cammino da presidente. Il voto – e soprattutto la valanga di voti comunque ottenuti da Donald Trump – ha dimostrato una estrema polarizzazione nel Paese, confermata dalle elezioni per la Camera e parte del Senato. Del nuovo capo dello Stato si parla già come di ‘lame duck president’, l’anatra zoppa, sul fronte politico interno. Più facile che si faccia notare nel mondo: già ha promesso di reintegrare gli Usa negli Accordi di Parigi sul clima, dai quali l’America è ufficialmente fuori proprio da ieri, per volere di Trump.