Morte Maradona, il medico indagato si difende: fatto più del possibile. E ora spunta una caduta accidentale

30 novembre 2020

Mentre il mondo del calcio continua a ricordare sul campo Diego Armando Maradona, da Messi con il Barcellona in cerchio attorno alla maglia numero 10, al Napoli che ne ha indossata una in stile Argentina contro la Roma, è finito sotto inchiesta il medico personale del Pibe de oro, Leopoldo Luque, di fronte a presunte irregolarità nel ricovero domiciliare del campione.

L’indagine è partita dalle preoccupazioni sollevate dalle figlie di Maradona per le cure ricevute nella sua casa a Nord di Buenos Aires dove è morto a 60 anni il 25 novembre. Perquisiti lo studio medico e l’abitazione di Luque che, in una conferenza stampa in tv, ha detto di aver pianto per il campione e di essere stato molto vicino alla famiglia. “Sentirmi responsabile? Niente affatto. Sapete di cosa dovrei essere responsabile? Di essermi preso cura di lui, di averlo amato, aiutato, di esserci stato quando tutti dicevano “lascialo perdere quel ragazzo, perché se gli succede qualcosa sarà un disastro perché tutti vorranno lavarsene le mani e tutte queste sciocchezze. E io ci ho messo il cuore perché era mio amico, non avevo intenzione di lasciarlo solo”.

Luque ha detto di aver fatto “tutto quello che poteva”. “Tutti volevano che stesse in una casa controllata da tutti i lati, senza alcool e senza tutte le pillole. Io lo volevo, tutti lo volevano, lui lo voleva? Non lo so”, ha aggiunto, spiegando che “sarebbe dovuto andare in un centro di riabilitazione”, ma “non voleva”; lo ha definito un paziente “ingestibile”. Ha comunque detto di essere a disposizione della giustizia e di non avere nulla da nascondere, non era una sua responsabilità la cura domiciliare così come il ritardo con cui sono arrivati i soccorsi.

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Ma il giallo sulla morte di Maradona si infittisce. Il fuoriclasse sette giorni prima del suo decesso avrebbe subito un forte colpo alla testa in seguito a una caduta accidentale. Tuttavia, nessuno si sarebbe occupato di sottoporlo ad esami strumentali per valutare eventuali conseguenze alla testa operata qualche giorno prima. “Maradona è caduto una settimana prima del decesso e ha preso una forte botta alla testa, peccato che non abbiano pensato di fargli una risonanza magnetica o una tomografia. Niente di niente”. Lo sostiene l’avvocato dell’infermiera Dahiana Gisela Madrid che si stava occupando della riabilitazione post operatoria. Secondo l’avvocato Rodolfo Baqué dopo le dimissioni dall`ospedale Maradona avrebbe accusato alcune anomalie a livello cardiaco, ma anche in questo caso nessuno avrebbe ritenuto opportuno svolgere gli accertamenti del caso.

“Hanno solo pensato a curare la dipendenza dall`alcol, dimenticandosi di avere a che fare con un paziente cardiopatico che invece avrebbe avuto bisogno di assistenza da parte di personale medico specializzato”, ha aggiunto Baqué. Intanto la Giustizia argentina avrebbe avviato un’indagine sul medico personale di Diego Armando Maradona, Leopoldo Luque accusato di responsabilità colpose sul suo decesso. Tutte le testimonianze raccolte dagli inquirenti parlano di un`accesa lite tra Maradona e Luque, che lo scorso 19 novembre avrebbe incassato anche un pugno prima di essere cacciato di casa in malo modo. Materiale sufficiente, a giudizio della magistratura, per avviare un supplemento d`indagini sulla figura dello specialista. Secondo Baqué, Maradona “era stato rinchiuso per tre giorni nella sua stanza”, senza neppure guardare la tv. I legale è entrato anche nei particolari della situazione clinica del Pibe de Orao, rivelando che “era arrivato ad avere 115 pulsazioni al minuto, ed il giorno prima di morire ne aveva 109, quando è noto che un paziente con problemi coronarici non può superare le 80 pulsazioni”. Ha poi sottolineato che il suo corpo “inviava segnali ma lui non è stato assistito con alcun farmaco. Maradona avrebbe potuto farsi ricoverare nella clinica più lussuosa del mondo, ma invece è stato tenuto in un luogo inadatto”.

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