Oltre 120 ex prostitute sudcoreane hanno chiesto un risarcimento al governo del loro Paese che le avrebbe abbandonate al loro destino, senza alcuna forma di tutela, dopo avere tacitamente acconsentito per anni al loro lavoro presso una base militare statunitense in Corea del Sud. Cadute in povertà e ormai in età avanzata, le ex prostitute hanno chiesto un risarcimento di 10.000 dollari ciascuno. Il governo sudcoreano, secondo la loro versione, avrebbe agevolato il loro lavoro presso la base americana allo scopo di rendere più lieta la permanenza dei soldati Usa in Corea del sud. “Abbiamo lavorato ogni notte. Quello che desidero è che il governo sudcoreano riconosca che questo è un sistema che esso stesso ha creato e ci dia un indennizzo”, ha spiegato una di loro alla Bbc.
Non si tratta di un caso di schiavitù sessuale, hanno fatto sapere le ex prostitute. Ma istituendo un apparato di controllo ufficiale e obbligatorio del loro stato di salute – hanno sottolineato – il governo di Seoul si è di fatto reso complice di un sistema che ora le ha abbandonate alla povertà. Tra le altre cose, è l’accusa delle donne, le autorità locali hanno organizzato dei corsi e delle lezioni in inglese di “Galateo occidentale”. Ma alla base del presunto, tacito, consenso del governo sudcoreano ci sarebbero, secondo le ex prostitute, delle ragioni puramente economiche. Il paese – è la loro versione – aveva bisogno di valuta estera e le prostitute sarebbero state in grado di guadagnarne in quantità. “Giravano questi discorsi sulla necessità di guadagnare dollari lavorando nei club, e sul fatto che questo avrebbe fatto di te un patriota, un grande lavoratore sudcoreano. E noi abbiamo guadagnato un sacco di dollari alla base”, ha spiegato una delle prostitute.