Scene come questa tratta dal film “Passengers” del 2016, con Jennifer Lawrence e Chris Pratt potrebbero presto diventare realtà. L’ibernazione o, meglio, il torpore letargico degli astronauti è un’opzione scientifica per affrontare lunghi viaggi nel Cosmo alla quale si sta effettivamente lavorando e uno degli scienziati impegnati nella ricerca su questa nuova frontiera della scienza è l’italiano Matteo Cerri, chirurgo piacentino di 47 anni, docente universitario, scrittore e ricercatore in Fisiologia all’università di Bologna nonché consulente di Esa (Agenzia spaziale europea) e Asi (Agenzia spaziale italiana).
“Ci siamo interessati a questa specie di ‘stand by’, di animazione sospesa che è il letargo – ha spiegato ad askanews – che consente a tanti mammiferi di restare per molti mesi, potenzialmente anche di più, in una condizione di stasi, senza consumare praticamente energia, se non il minimo per restare in vita, per poi risvegliarsi quando si ha l’occasione di poterlo fare. Ci sono molti dati – ha continuato Cerri – che suggeriscono che anche l’uomo potrebbe in qualche modo ‘sbloccare’ questo antico meccanismo. Dico antico perché sembra che il letargo o, in termini tecnici ‘torpore’, sia qualcosa che il primo mammifero faceva appena comparso sulla Terra, circa 150 milioni di anni fa”.
In pratica i “protomammiferi” si difendevano dai predatori rallentando il proprio metabolismo per mettersi in “modalità off” di giorno, restando nascosti il più possibile e vivere di notte. Questa capacità, dunque, potrebbe essere rimasta latente nel patrimonio genetico umano e, dunque, potenzialmente riattivabile, come hanno dimostrato con successo gli studi su alcuni ratti. “Noi siamo riusciti alcuni anni fa con un farmaco a ingannare il cervello di un animale che non va normalmente in letargo e questo farmaco inganna un po’ il cervello facendogli credere che non sia necessario produrre più calore. In questo caso si ottiene una situazione molto simile a quella del torpore naturale. Gli astronauti – ha concluso lo scienziato italiano – potrebbero essere delle persone oggetto dell’applicazione di questa tecnologia estremamente interessanti perché la fisiologia del corpo umano limita la capacità che l’uomo stesso ha di esplorare il Sistema solare. Il fattore più importante è la nostra suscettibilità ai danni delle radiazioni cosmiche. Il letargo artificiale o torpore sintetico garantirebbe una difesa biologica dalle radiazioni e questo consentirebbe di arrivare più lontano”.
Insomma la strada per trasformare la fantascienza in realtà è già tracciata e lo studio bolognese è stato pubblicato su “Scientific Reports”, rivista del gruppo Nature. Non solo, come spesso accade la ricerca spaziale consentirà applicazioni utili anche nella vita di tutti i giorni, per esempio per la cura di virus o tumori o per il trattamento di pazienti gravi nelle terapie intensive; casi in cui il ‘letargo artificiale’ potrebbe assicurare maggiori possibilità di sopravvivenza.