Giuseppe Conte la mette sul tavolo. Se Iv la respingerà – è il sottotesto – è pronta la sfida in Aula, in nome del “bene comune” e del servizio al Paese. Le posizioni restano distanti: a Italia viva le parole del premier non sembrano bastare, i renziani invocano “risposte” e restano pronti alla rottura, con le dimissioni delle due ministre Iv. Il Pd, ma anche il M5s e Leu, spingono per l’accordo, senza più rinvii. E provano a spuntare le armi al logoramento di Renzi. E’ l’ultima chiamata, sembra avvertire il premier in un lungo post su Facebook. Al centro Conte pone il piano vaccini (“Siamo primi in Europa”) per un Paese “sfibrato” e la cui “tenuta” è “a rischio”. Arriverà già la prossima settimana in Cdm, annuncia, non solo un Recovery plan che è patrimonio “di tutto il Paese” ma anche un nuovo scostamento di bilancio – che dovrà essere votato a maggioranza assoluta in Parlamento – per finanziare un altro decreto ristori.
Lo scenario minimale che potrebbe verificarsi è quello di piccoli ritocchi chirurgici, che non richiedono passaggi al Quirinale, né interventi legislativi. Iv otterrebbe la Difesa con Maria Elena Boschi, con lo slittamento del pd Lorenzo Guerini all’Interno e il sacrificio della “tecnica” Luciana Lamorgese. Il premier si libererebbe anche della delega ai Servizi, come da richiesta di Iv ma anche di Pd, nominando sottosegretario un uomo di fiducia (si parla del segretario di Palazzo Chigi Roberto Chieppa o del capo di Gabinetto Alessandro Goracci). A facilitargli le cose sarebbe l’uscita di Ivan Scalfarotto, in corsa per un incarico dirigenziale all’Ocse. Diverso sarebbe se si decidesse per un rimpasto più consistente, con relativo aumento dei ministri e sottosegretari. Per superare il tetto dei 65 imposto dalla Bassanini, servirebbe un decreto legge. In questa logica si parla dello spacchettamento di Trasporti e Infrastrutture. Queste ultime potrebbero finire a un altro renziano, Ettore Rosato.
La mano tesa è nel lavoro in corso per recepire le richieste dei partiti sul Recovery, con un rafforzamento del capitolo sanità (per ‘sminare’ il Mes), ma anche di quelli scuola e digitalizzazione delle imprese. Ed è nella volontà dichiarata di “rafforzare la coesione delle forze di maggioranza e la solidità della squadra di governo” (i partiti leggono: rimpasto). Sulla base del “contributo di tutti” i partiti il premier annuncia che sta preparando “una lista di priorità” per il prosieguo della legislatura da discutere con la maggioranza, per “superare le fibrillazioni”. Ma poi c’è l’avvertimento: a chi gli chiede “pazienza”, il premier dice di essere “impaziente” di lavorare “per il Paese”. Se la condizione di Renzi è che il premier si dimetta per dar vita a un Conte ter, è una condizione ritenuta non accettabile. “Fino all’ultimo lavorerò per il bene comune e non per il mio utile personale e farò ogni sforzo possibile per assolvere questo delicato incarico con “disciplina e onore””, dice il premier con parole che – ricorda qualcuno – riecheggiano quelle dette prima di andare al Colle, dopo lo strappo di Salvini.
Matteo Renzi convoca la cabina di regia di Italia viva e i gruppi parlamentari di Camera e Senato. “O il governo accelera e va veloce, oppure non ha senso che ci stiamo: non vogliamo la crisi, vogliamo la stabilità, ma non vogliamo l’immobilismo, dice per l’ennesima volta.”Un conto è la stabilità, un conto l’immobilismo: l’immobilismo non è un valore”, avrebbe sottolineato. “Se non piacciono le idee che proponiamo al punto da non aver nemmeno risposto, siamo pronti ad “andare all’opposizione”, sarebbe stato il ragionamento ribadito dall’ex premier. Ma anche l’invito a Conte: finisca rapidamente di scrivere il Recovery plan, ci mandi una copia e poi di corsa in Cdm. E ancora: “Non vogliamo consegnare il Paese alla destra”. Sono le ore dei “pontieri”, dei mediatori. Dario Franceschini e Graziano Delrio, in asse con il segretario Pd Nicola Zingaretti, inviano all’ex segretario un messaggio: con “buonsenso e buona volontà” è possibile “evitare una crisi in piena pandemia” e scrivere il nuovo patto di governo. “Credo bastino un po’ di buonsenso e di buona volontà per evitare una crisi di governo in piena pandemia. Martedì mandiamo il Recovery in Parlamento e subito, come ha proposto Nicola Zingaretti, avviamo un confronto nella maggioranza per un patto programmatico di legislatura”, scrive su Twitter il capo delegazione Pd al governo Dario Franceschini.
“Siamo alle battute finali per la presentazione del Recovery Plan italiano e non sono ammessi rallentamenti”, ha scritto in mattinata il ministro degli Esteri Luigi Di Maio sul suo profilo Facebook.”È bene ascoltare le opinioni di tutti e confrontarsi, ma non dimentichiamoci che siamo chiamati a rispettare gli italiani e le loro esigenze. Ci sono milioni di cittadini che aspettano queste risorse per ripartire. Il Recovery è un treno che passa una sola volta” aggiunge il ministro. “Ci affidiamo alla saggezza del capo dello Stato, a lui tocca nel caso sciogliere le camere. Un governo istituzionale mi sembra molto difficile. Se non c’è l’accordo nella sinistra mi sembra che ci sia solo il voto”. Così il vicepresidente di Forza Italia, Antonio Tajani a “L’Ospite”, condotto da Massimo Leoni, su SkyTg24. Come “dopo le grandi tragedie come la Seconda Guerra Mondiale i partiti facciano un Governo di unità nazionale per far ripartire l’Italia, per prendere insieme le grandi decisioni”. Lo scrive il governatore ligure Giovanni Toti sui social. “Ora, il Covid non è la Seconda Guerra Mondiale, ma guardandomi intorno non vedo neppure un De Gasperi o un Togliatti! Tutto in proporzione…”. (Contributo Ansa)