Una luce in fondo al tunnel, per i pazienti che hanno una particolare forma di malattia ereditaria della retina, arriva dalla prima ed unica terapia genica che cura una delle tante patologie invalidanti degli occhi, derivanti dalla distrofia retinica ereditaria, che fino a qualche mese fa era considerata non trattabile. Il professor Stanislao Rizzo, ordinario di Oftalmologia all’Università Cattolica del Sacro Cuore del Policlinico Gemelli: “La distrofia retinica ereditaria è una malattia della retina che purtroppo causa molto frequentemente cecità completa o meglio una grave diminuzione della capacità visiva, si chiama ereditaria perché è trasmessa attraverso il nostro patrimonio genetico dalla nostra famiglia”.
Questa patologia rara, che colpisce 1 persona su 200mila, in particolare si manifesta in quegli individui nati con mutazioni in entrambe le copie del gene RPE65 e possono andare incontro ad una perdita quasi totale della vista sin dalla tenera età, con la maggior parte dei pazienti che progredisce fino alla cecità totale. Ma i risultati ottenuti con questo nuovo trattamento, fatto con una singola iniezione sottoretinica della terapia a base di Voretigene neparvovec (principio attivo), permettono di parlare di una nuova era delle terapie geniche in ambito oculistico.
Ancora il professor Rizzo: “Questa è la prima terapia genica in ambito oculistico, ma è una delle prime terapie geniche in ambito umano è un giorno veramente importante perché modifichiamo il nostro patrimonio genico in maniera positiva, modifichiamo l evoluzione della malattia agendo sul nostro patrimonio genico, sul nostro genoma. Questa è una cosa fondamentale e importantissima non solo per l’oculistica per la medicina in generale. Il risultato non è soltanto nell’avere un miglioramento della capacità visiva ma anche e soprattutto bloccare l’evoluzione della malattia. Ripeto, sono persone destinate a cecità gravi e quindi solo bloccare l’evoluzione alla malattia è un grandissimo successo”.
In questa nuova terapia genica un ruolo importante lo riveste l’operatore, il chirurgo. “Sì, il chirurgo deve avere una buona esperienza, perché è una chirurgia breve, delicatissima, perché si tratta di introdurre sotto la retina, e stiamo parlando di membrane di spessore dell ambito di micron – per questo noi utilizziamo microscopi a grandissimo ingrandimento – bisogna iniettare al di sotto di questa membrana sottilissima questa bolla di farmaco che porta il virus con l’informazione corretta a livello dello spazio sottoretinico”. Un supporto particolare deve essere riservato ai pazienti che soffrono di distrofia retinica ereditaria, come quello fornito dall’Associazione Retina Italia Onlus.
La presidente Assia Andrao: “Noi come associazione diciamo di avere la conoscenza della patologia, cerchiamo di insegnare a convivere con questa patologia. Non si accetta questa malattia, però dobbiamo imparare a conviverci perché ci accompagnerà per tutta la vita. Diciamo di prendere conoscenza delle possibilità che la tecnologia ci dà, avere un informazione corretta sulle ultime novità delle ricerche scientifiche, perché a volte vengono date notizie con aspettative altissime che poi vengono a cadere immancabilmente con un impatto psicologico ancora più devastante”.
Fondamentale anche l’aiuto delle istituzioni che per la presidente Andrao si dovrebbe concentrare su tre aspetti: “Un’accoglienza multidisciplinare all interno dei centri di riferimento per le patologie retiniche, un maggior interessamento per i test genetici e poi anche finanziare meglio la ricerca per le terapie che servono a mantenere sane le cellule che oggi sono ancora vive in attesa di una terapia definitiva”. Un aspetto fondamentale per i pazienti arriva dalla decisione dell’Agenzia italiana del farmaco che ha dato il via libera alla rimborsabilità di questa prima ed unica terapia genica che ha un costo che oscilla tra i 250mila e i 300 mila euro. Spiega il professor Rizzo: “La terapia naturalmente è a carico del Sistema Sanitario Nazionale, questa è una cosa molto importante, chiunque può avere accesso a questo tipo di terapie rivolgendosi nei centri specializzati, ce ne sono circa uno per regione”.