Le bandiere dell’Italia e dell’Unione europea a mezz’asta davanti a Montecitorio, presso la sede del Parlamento europeo e in molti altri luoghi d’Italia in omaggio all’ambasciatore italiano nella Repubblica democratica del Congo, Luca Attanasio, ucciso ieri in un agguato assieme al carabiniere Vittorio Iacovacci e a un autista del Programma alimentare mondiale. La Farnesina ha assicurato il massimo sforzo per arrivare a una corretta ricostruzione del tragico attacco e ha chiesto la massima cautela nelle ricostruzioni mediatiche che potrebbero rivelarsi approssimative o fuorvianti. Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio riferirà nelle prossime ore in Parlamento.
Intanto, le Forze Democratiche per la liberazione del Ruanda (Fdlr), secondo alcuni coinvolte nell’assalto, hanno negato di essere responsabili e hanno chiesto alle autorità congolesi e alla Monusco “di fare luce sulle responsabilità di questo vile assassinio”. Secondo il gruppo ribelle, il convoglio con l’ambasciatore italiano e il carabiniere sarebbe stato attaccato in un’area conosciuta come le “tre antenne” vicino a Goma, al confine con il Ruanda, “non lontano da una postazione delle forze armate locali e dei soldati delle Forze di Difesa ruandesi” che indicano come possibili responsabili dell’attacco.
Mentre si indaga, a Kinshasa tutti ricordano con affetto l’ambasciatore italiano Attanasio. “Questo ambasciatore ci ha sostenuto molto nel nostro distretto di Midema,è stato molto caritatevole, ricordo persino che mi ha regalato un orologio. Mi dispiace molto che sia morto, che possa riposare in pace”, dice Aristote, che abita vicino all’ambasciata. “Questa questione dell’insicurezza nell’Est della Repubblica Democratica del Congo finora ha fatto molte vittime – dice Tresor, altro residente della città – oggi tutti sono preoccupati, un ambasciatore inviato nella Repubblica Democratica del Congo è appena morto, una cosa che ci preoccupa tutti”. Il Kivu Nord, la provincia orientale congolese dove ha trovato la morte l’ambasciatore Luca Attanasio, è una delle zone più insanguinate dell’enorme, povero e al tempo stesso ricchissimo Paese dell’Africa, dove spadroneggiano varie milizie fra cui una composta dai ribelli ruandesi delle Fdlr, sospettata dell’attacco.
La provincia nota anche per il parco dei Virunga, quello popolato dai gorilla di montagna, è una delle 26 che compongono la Repubblica democratica del Congo (Rdc): vasto come l’Europa occidentale, il Paese ha avuto milioni di morti per fame e malattie durante i conflitti regionali del 1996-2003 e diverse zone orientali sono ancora teatro di stragi ad opera di milizie aizzate anche dalle ricchezze del sottosuolo (il Congo è il leader mondiale nella produzione del cobalto, il metallo necessario a telefonini e auto elettriche). Assieme alla persistente corruzione e a passate autocrazie più o meno conclamate, sono questi conflitti locali a contribuire alla miseria del Paese in cui due terzi degli 80 milioni di abitanti vive con meno di due dollari al giorno. Secondo solo all’Ituri, e prima del Tanganyika e di quello sud, il Kivu Nord è la provincia dell’est del Congo che nel primo semestre dell’anno scorso ha contato più vittime (541) secondo una rilevazione Onu.