Nazioni Unite, allarme senza precedenti sul clima: è “codice rosso”

9 agosto 2021

I cambiamenti climatici sono “inequivocabilmente” causati dall’uomo e il pianeta terra marcia verso il punto di non ritorno, ma questa marcia può essere rallentata e, forse, le conseguenze ridimensionate: il Sesto Rapporto del Gruppo Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici (Ipcc) è un monito di drammaticità senza precedenti nella storia degli studi sul clima targati Onu. “Un codice rosso”, ha detto il segretario generale Onu Antonio Guterres. Presentato oggi in conferenza stampa online da Ginevra, il rapporto – in realtà la prima di tre parti sull’emergenza clima – descrive cinque scenari, non lascia spazio a ottimismo, ma mantiene uno spiraglio di speranza sulla possibilità di contenere i danni e invertire le distruttive dinamiche prima che sia tutto perso. L’orizzonte temporale è breve: in base a tutti i cinque scenari prospettati la soglia fatale dell’aumento delle temperature di 1,5 gradi centigradi sarà “probabilmente” raggiunta tra il 2021 e il 2040, indipendentemente dalle riduzioni di emissioni gassose che saranno realizzate, anche se “radicali”.

Ma, come hanno spiegato gli esperti dell’Ipcc intervenuti in streaming, “una seria riduzione delle emissioni dannose può permettere di restare molto vicini alla soglia di 1,5 gradi entro la fine del secolo”, con prevedibile ridimensionamento delle conseguenze. Danni che sono sotto i nostri occhi quotidianamente, anche in questa estate che vede le aree mediterranee assediate da temperature estreme e centinaia di incendi, mentre al Nord si calcolano i danni di tempeste e grandinate. Ecco i principali punti del rapporto Ipcc, riassunti da tre scienziati italiani che hanno partecipato al Working Group I, ricercatori dell’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima del Consiglio Nazionale delle Ricerche. Ogni rapporto Ipcc è infatti realizzato da tre Gruppi e gli altri due gruppi pubblicheranno le valutazioni su impatto e azioni di mitigazione nei mesi a venire, sulla via verso la Conferenza Cop26 di Glasgow.

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Le emissioni antropiche dei principali gas serra sono ulteriormente cresciute, raggiungendo nel 2019 concentrazioni di 410 parti per milione (ppm) per CO2 e 1866 parti per miliardo (ppb) per il metano.
La temperatura media globale del pianeta nel decennio 2011-2020 è stata di 1.09°C superiore a quella del periodo 1850-1900, con un riscaldamento più accentuato sulle terre emerse rispetto all’oceano.
La parte preponderante del riscaldamento climatico osservato è causata dalle emissioni di gas serra derivate dalle attività umane.
A seguito del riscaldamento climatico, il livello medio dell’innalzamento del livello del mare fra il 1901 e il 2020 è stato di 20 cm, con una crescita media di 1.35 mm/anno dal 1901 al 1990 e una crescita accelerata di 3.7 mm/anno fra il 2006 e il 2018.
Tutti i più importanti indicatori delle componenti del sistema climatico (atmosfera, oceani, ghiacci) stanno cambiando ad una velocità mai osservata negli ultimi secoli e millenni.
La concentrazione dei principali gas serra è oggi la più elevata degli ultimi 800.000 anni.
Nel corso degli ultimi 50 anni la temperatura della Terra è cresciuta ad una velocità che non ha uguali negli ultimi 2000 anni.
Nell’ultimo decennio l’estensione dei ghiacci dell’Artico durante l’estate è stata la più bassa degli ultimi 1000 anni e la riduzione dell’estensione dei ghiacciai terrestri non ha precedenti negli ultimi 2000 anni.
L’aumento medio del livello del mare è cresciuto ad una velocità mai prima sperimentata, almeno negli ultimi 3000 anni e l’acidificazione delle acque dei mari sta procedendo a una velocità mai vista in precedenza, almeno negli ultimi 26.000 anni.

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Covid-19 La pandemia di Covid-19, ha provocato una sorta di esperimento senza precedenti, con la riduzione in tempi brevissimi delle emissioni di inquinanti atmosferici e gas serra dovuta ai lockdown in tutto il mondo. Questo ha portato a un seppur temporaneo miglioramento della qualità dell’aria a livello globale, ma nessun effetto sulla concentrazione di CO2 in atmosfera e, conseguentemente, nessun apprezzabile effetto sulla temperatura del pianeta. Questo perché per contrastare il riscaldamento climatico sono necessarie riduzioni della concentrazione di CO2, che permane in atmosfera per centinaia di anni, e degli altri gas serra, che siano sostenute nel tempo e di grossa entità fino alla completa decarbonizzazione.

Gli scenari possibili simulati (Shared Socioeconomic Pathways, SSPs)

– Nello SCENARIO CON LE EMISSIONI DI CO2 VALUTATE PIÙ BASSE, corrispondente a una diminuzione delle emissioni globali di gas serra dal 2020 in poi e il raggiungimento di emissioni nette di CO2 pari a zero negli anni 2050, è estremamente probabile che possa rimanere al di sotto dei 2°C.

– Molte delle variazioni già osservate nel sistema climatico, fra cui aumento della frequenza e dell’intensità degli estremi di temperatura, ondate di calore, forti precipitazioni, siccità, perdita di ghiaccio marino artico, manto nevoso e permafrost, diventeranno più intense al crescere del riscaldamento globale. Si prevede che un ulteriore riscaldamento globale intensificherà il ciclo globale dell’acqua, compresa la sua variabilità e la gravità degli eventi umidi e secchi. Si può affermare che ogni mezzo grado di riscaldamento globale provoca un aumento chiaramente percepibile della frequenza e della durata di estremi di temperatura (ondate di calore), dell’intensità delle precipitazioni intense e della siccità in alcune regioni del pianeta.

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– Si prevede che un ulteriore riscaldamento del clima amplificherà ulteriormente lo scongelamento del permafrost e la perdita della copertura nevosa stagionale, del ghiaccio terrestre e del ghiaccio marino artico. È probabile che l’Artico sarà praticamente privo di ghiaccio marino in settembre (mese in cui raggiunge il minimo annuale) almeno una volta prima del 2050 in tutti gli scenari di emissione, con eventi più frequenti per livelli di riscaldamento più elevati.

Negli SCENARI CON ELEVATE EMISSIONI DI CO2, si prevede che la capacità di assorbimento del carbonio da parte degli oceani e degli ecosistemi terrestri diventerà meno efficace nel rallentare il tasso di crescita della CO2 atmosferica.

– Vi sono conseguenze dei cambiamenti climatici in atto che sono irreversibili su scale temporali dell’ordine delle centinaia di anni. In particolare questo è vero per i cambiamenti che riguardano l’oceano, il ghiaccio marino artico e il livello del mare (che continuerà a salire nel corso del 21° secolo). La riduzione delle emissioni di CO2 porterà effetti positivi sulla qualità dell’aria, osservabili su una scala temporale di alcuni anni. Diversamente, gli effetti sulla temperatura del pianeta saranno visibili solo dopo molti decenni. Da qui l’estrema urgenza di interventi tempestivi e sostanziali per la riduzione delle emissioni clima-alteranti.

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