La 76esima sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite (UNGA) inizierà oggi la sua settimana di riunioni ad alto livello in cui agli Stati membri sarà chiesto di deliberare su due grandi sfide parallele: la fine della pandemia di coronavirus e la ridefinizione di un’economia globale più sana ed equa per l’intero pianeta. Ma è soprattutto a margine dei lavori che si discuterà di nuovi assetti politico-strategici e di crisi umanitarie: su tutti, il recente accordo Aukus tra Stati Uniti, Australia e Regno Unito, che ha destato grande irritazione in Francia, e la crisi in Afghanistan. A quest’ultima sarà dedicata una riunione dei ministri degli Esteri, in vista del Vertice G20 dei capi di Stato e di Governo su questo tema che non si esclude possa avere luogo a margine dell’Unga, con ogni probabilità in videoconferenza. Di seguito i principali temi in discussione:
COVID: Una ripresa dal Covid-19 inclusiva, sostenibile e resiliente è considerata fondamentale dall’Onu per avviare il mondo verso una giusta transizione lungo il percorso di un riscaldamento globale limitato a 1,5°C. “La guerra sul nostro pianeta deve finire”, ha commentato il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres. Ma prima, deve terminare la pandemia di Covid-19 e per questa ragione la questione dell’accesso ai vaccini sarà in cima all’agenda dell’Unga, ha avvertito. Più del 70% delle dosi mondiali di vaccini contro il coronavirus, infatti, è stato somministrato in soli 10 paesi. Mettere d’accordo i partecipanti sarà però impresa da titani, visto che le premesse non lasciano presupporre nulla di buono, soprattutto quando si affronta il tema dell’obbligo vaccinale. La città di New York, ad esempio, richiede la prova della vaccinazione contro il Covid-19 per le riunioni al chiuso, una regola che le autorità locali hanno chiesto alle Nazioni Unite di seguire. Ma alcune delle delegazioni in visita non si stanno dimostrando del tutto collaborative. Brasile e Russia per prime hanno rifiutato a gran voce il requisito sanitario.
CLIMA: l’Onu vede il momento attuale come un potenziale punto di svolta. “Le scelte che facciamo garantiranno la salute umana, economica e ambientale per le generazioni a venire, o rafforzeranno i vecchi schemi che stanno distruggendo la natura e guidando la divisione della società”, hanno fatto sapere le Nazioni Unite diffondendo l’agenda della settimana. Secondo un nuovo rapporto pubblicato venerdì scorso dalla Convenzione quadro dell’Onu sui cambiamenti climatici, il pianeta si sta avvicinando al riscaldamento di 2,7 gradi Celsius, molto al di sopra del limite di 1,5 gradi che gli scienziati ritengono necessario per evitare le peggiori conseguenze della crisi climatica. Deviare questo percorso “catastrofico”, secondo l’Onu, significa costruire l’azione per il clima nella ripresa mondiale dalla pandemia, e l’Assemblea generale è vista come l’ultima opportunità per confermare gli impegni globali prima del G20 del prossimo mese a Roma e della conferenza sul cambiamento climatico COP26 di novembre a Glasgow.
AFGHANISTAN: Le disastrose conseguenze del precipitoso ritiro delle truppe Usa e della Nato dall’Afghanistan saranno al centro delle discussioni di almeno due riunioni parallele, organizzate su iniziativa della Farnesina. Il primo dei due eventi verterà su donne e bambine afgane, e sull’esigenza di tutelare i progressi fatti finora nel campo dell’affermazione e promozione dei loro diritti. Il secondo evento si svolgerà nell`ambito della Presidenza italiana del G20, con la convocazione di una riunione dei ministri degli Esteri sull`Afghanistan presieduta dal ministro Di Maio, in vista del Vertice G20 dei Capi di Stato e di Governo sullo stesso tema. Quest’ultimo non è escluso che possa avere luogo a margine dell’Assemblea, con ogni probabilità in videoconferenza. Dopo il via libera degli Stati Uniti, pare essere arrivato anche quello della Cina, interlocutore imprescindibile per i destini di quest’area geografica e non solo. Pechino avrebbe infatti superato la sua iniziale ritrosia a discutere della crisi in Afghanistan durante una riunione – quella del G20 – che considera più un forum economico.
ASIA-PACIFICO: l’accordo Aukus di partnership strategica annunciato da Stati Uniti, Regno Unito e Australia ha confermato l’orientamento della politica internazionale di Washington verso quest’area del globo, a discapito dell’Europa. La Francia, pesantemente penalizzata dall’accordo, dopo la rottura di un mega contratto per la fornitura di sottomarini a Canberra, ha protestato duramente, richiamando i suoi ambasciatori in Usa e in Australia e annullando il vertice franco-britannico sulle politiche di Difesa, che avrebbe dovuto tenersi a giorni. Il primo ministro di Londra Boris Johnson ha provato a gettare oggi acqua sul fuoco, confermando l’amicizia di Londra. Da parte sua, il presidente Usa Joe Biden ha proposto al suo omologo francese Emmanuel Macron di avere un colloquio telefonico “nei prossimi giorni”. Colloquio che potrebbe avere luogo proprio a margine dell’Assemblea Onu.
Cina e Corea del Nord, intanto, hanno denunciato pesantemente l’accordo Aukus. Secondo Pyongyang rischia di innescare una corsa all’armamento nucleare e di turbare l’equilibrio strategico nella regione dell’Asia-Pacifico.
IRAN, NORDCOREA, MYANMAR, LIBIA, LE ALTRE CRISI: Oltre al caotico ritiro occidentale dall’Afghanistan e all’accordo Aukus tra Usa, Regno Unito e Australia, anche le tensioni con Iran e Corea del Nord e la crescente rivalità tra Stati Uniti e Cina saranno tra i principali temi di geopolitica in discussione durante l’Assemblea e a margine della stessa. Di Maio, inoltre, copresiederà insieme ai ministri degli Esteri tedesco Heiko Maas e francese Jean-Yves Le Drian, una riunione sulla Libia nel quadro del processo di Berlino. In molti attendono poi con curiosità e impazienza il discorso del nuovo presidente iraniano Ebrahim Raisi, che non parteciperà in presenza ma invierà un messaggio video. A destare preoccupazione sono soprattutto la svolta ultra-conservatrice che si è registrata con la sua elezione in Iran e la fase di stallo in cui si trovano ancora i colloqui sul programma nucleare di Teheran.
Se, invece, il principale motivo di tensione con la Corea del Nord resta il suo programma d’armi balistiche e nucleari, l’attuale situazione politica in Myanmar – con l’esercito al potere dopo un colpo di Stato militare – ha creato anche un problema di opportunità, che molto ha a che fare con la diplomazia. Chi rappresentava i precedenti governi del Myanmar all’Onu ha ancora un accreditamento delle Nazioni Unite. E per il momento il Comitato per le credenziali dell’Onu non ha alcuna intenzione di cambiare lo status quo. Ma dal giorno del golpe, il rappresentante permanente del Myanmar presso le Nazioni Unite, Kyaw Moe Tun, critico schietto della mortale repressione delle proteste da parte della giunta militare, rappresenta di fatto solo un movimento per ripristinare la leadership democratica, noto come governo di unità nazionale.
Un problema che si ripropone anche per il seggio afgano all’Assemblea. Il rappresentante permanente dell’Afghanistan presso le Nazioni Unite, Ghulam M. Isaczai, rappresentava il precedente governo. E nonostante i talebani non lo riconoscano, ha continuato a incontrare inviati stranieri. Ha persino invitato il Consiglio di sicurezza dell’Onu a fare pressione sui talebani affinché formino un governo più democratico. Da parte sua, l’organizzazione militante islamista non ha richiesto l’accreditamento per un inviato all’Unga per il 2021.