“Tutti sono chiamati a partecipare alla vita della Chiesa e alla sua missione. Se manca una reale partecipazione di tutto il Popolo di Dio, i discorsi sulla comunione rischiano di restare pie intenzioni. Su questo aspetto abbiamo fatto dei passi in avanti, ma si fa ancora una certa fatica e siamo costretti a registrare il disagio e la sofferenza di tanti operatori pastorali, degli organismi di partecipazione delle diocesi e delle parrocchie, delle donne che spesso sono ancora ai margini”. Così papa Francesco aprendo con una mattinata di riflessione il sinodo pluriennale dei vescovi sulla sinodalità. “Partecipare tutti: è un impegno ecclesiale irrinunciabile! Tutti battezzati, questa è la carta d’identità, il battesimo”, ha detto il Papa.
Il sinodo non è un evento di “facciata”, non è un “parlarsi addosso” e non deve cadere nell”immobilismo” per cui non si può fare nulla che non si sia già fatto. La prossima assemblea sinodale, la sedicesima, è intitolata “Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione”, e, inizialmente prevista per quest’anno, è slittata, con la pandemia, a ottobre del 2022. Ma la segreteria del Sinodo, guidata dal cardinale maltese Mario Grech, ha stabilito che essa viene preceduta da una “ampia consultazione” del popolo di Dio, aperta formalmente da Papa Francesco con la mattinata di riflessione oggi e una messa a San Pietro domani alle 10. Una consultazione che, partendo dal basso, coinvolgerà le diocesi di tutto il mondo (avvio della discussione fissata il fine settimana prossimo, domenica 17 ottobre), sfocerà in una prima sintesi di lavoro (l`instrumentum laboris pubblicato entro il settembre 2022) e poi, dopo ulteriori consultazioni che vedranno coinvolte dapprima le conferenze episcopali nazionali e poi inediti raccordi continentali, in un secondo ‘instrumentum laboris’ (giugno 2023) che sarà la base di discussione dell`assemblea che verrà finalmente celebrata a Roma appunto nell`ottobre del 2023. Nel suo discorso introduttivo, il papa, oggi, ha voluto mettere in guardia da tre rischi che bisognerà evitare.
“Il primo è quello del formalismo”, ha detto Jorge Mario Bergoglio. “Si può ridurre un Sinodo a un evento straordinario, ma di facciata, proprio come se si restasse a guardare una bella facciata di una chiesa senza mai mettervi piede dentro. Invece il Sinodo è un percorso di effettivo discernimento spirituale, che non intraprendiamo per dare una bella immagine di noi stessi, ma per meglio collaborare all’opera di Dio nella storia. Dunque, se parliamo di una Chiesa sinodale non possiamo accontentarci della forma, ma abbiamo anche bisogno di sostanza, di strumenti e strutture che favoriscano il dialogo e l’interazione nel Popolo di Dio, soprattutto tra sacerdoti e laici. Delle volte – ha notato – c’è qualche elitismo nell’ordine presbiterale che lo fa staccare dai laici e il prete diventa alla fine il padrone della baracca. Ciò richiede di trasformare certe visioni verticiste, distorte e parziali sulla Chiesa, sul ministero presbiterale, sul ruolo dei laici, sulle responsabilità ecclesiali, sui ruoli di governo e così via”.
Un secondo rischio, ha detto il pontefice argentino, “è quello dell’intellettualismo: far diventare il Sinodo una specie di gruppo di studio, con interventi colti ma astratti sui problemi della Chiesa e sui mali del mondo; una sorta di ‘parlarci addosso’, dove si procede in modo superficiale e mondano, finendo per ricadere nelle solite sterili classificazioni ideologiche e partitiche e staccandosi dalla realtà del Popolo santo di Dio, dalla vita concreta delle comunità sparse per il mondo”. Infine, “ci può essere la tentazione dell’immobilismo: siccome ‘si è sempre fatto così’ (Esort. ap. Evangelii gaudium, 33) è meglio non cambiare. Questa parola è un veleno nella vita della chiesa. Chi si muove in questo orizzonte, anche senza accorgersene, cade nell’errore di non prendere sul serio il tempo che abitiamo. Il rischio è che alla fine si adottino soluzioni vecchie per problemi nuovi: un rattoppo di stoffa grezza, che alla fine crea uno strappo peggiore. Per questo è importante che il Sinodo sia veramente tale, sia un processo in divenire; coinvolga, in fasi diverse e a partire dal basso, le Chiese locali, in un lavoro appassionato e incarnato, che imprima uno stile di comunione e partecipazione improntato alla missione”.
Il Papa 84enne in otto anni di pontificato ha ravvivato lo strumento sinodale. Lo strumento del Sinodo venne introdotto da Paolo VI dopo il Concilio vaticano II come metodo di coinvolgimento collegiale dell`episcopato nel governo della Chiesa cattolica mondiale guidata dal vescovo di Roma. Sino all`elezione di Jorge Mario Bergoglio, tuttavia, le assemblee sinodali sono state ridotte, in sostanza, a convegni blandamente consultivi su questioni piuttosto consensuali. Papa Francesco ha introdotto una serie di novità: ha convocato innanzitutto assemblee su tematiche controverse, a partire dal doppio sinodo, ordinario e straordinario, sulla famiglia (2014-2015), approdando all`ultima, combattuta assemblea sull`Amazzonia (2019); in secondo luogo ha introdotto il principio della consultazione del ‘popolo di Dio’, tramite questionari più o meno diffusi a seconda dei paesi; ha fatto nuove nomine, tra le quali quella di suor Nathalie Becquart, sottosegretario della Segreteria del Sinodo, la prima donna che, alla prossima assemblea, avrà diritto di voto; infine ha riscritto, con la costituzione apostolica Episcopalis communio del 15 settembre 2018, il funzionamento del sinodo, inserendo una serie di norme che possono ad esempio, su volontà del papa regnante, rendere le sue conclusioni vincolanti.
Nel corso del tempo, Francesco è parso anche preoccupato che le discussioni avviate portassero non ad una sinfonia ma a una cacofonia, che prevalessero le polarizzazioni e le divisioni sulla sua idea ‘poliedrica’ di unità nella diversità, che la sinodalità innescasse conflitti politici ed ideologici anziché essere un fatto spirituale, ‘il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio’. Gli ambienti tradizionalisti, reazionari, ma anche conservatori, lo hanno bersagliato di attacchi a tratti feroci. Se i padri sinodali gli hanno proposto, alla fine dell’assemblea sull’Amazzonia, una serie di innovazioni (‘viri probati’, rito amazzonico, donne leader di comunità), il papa non ha fatto proprie, né ha respinto, queste proposte. Nel corso degli ultimi anni, il pontefice ha moltiplicato gli appelli affinché la Chiesa non cada in una contrapposizione tra conservatori e progressisti. Ed ha insistito sulla necessità che tutti partecipino, corresponsabilmente e unitariamente, a fare evolvere la Chiesa cattolica.
Preoccupazioni risuonate nelle parole che il papa ha pronunciato a braccio all’inizio del suo discorso odierno: “Ribadisco che il sinodo non è un Parlamento, non è un’indagine sulle opinioni, il sinodo un momento ecclesiale e il protagonista del sinodo è lo Spirito Santo: se non c’è lo Spirito non ci sarà sinodo”. Il sinodo dei vescovi che si apre oggi per la Chiesa universale si intreccerà con i sinodi nazionali avviati in diversi paesi per affrontare questioni annose come gli abusi sessuali sui minori, il calo di vocazioni e di partecipazione a messa, lo squilibrio tra ruolo dei chierici e dei laici, l’afonia dei cristiani nelle società secolarizzate, la pericolosa confusione tra la fede ed espressioni politiche anti-evangeliche. Per il Papa, deve essere “un tempo di grazia che, nella gioia del Vangelo, ci permetta di cogliere almeno tre opportunità”. “
La prima è quella di incamminarci non occasionalmente ma strutturalmente verso una Chiesa sinodale: un luogo aperto, dove tutti si sentano a casa e possano partecipare. Il Sinodo ci offre poi l`opportunità di diventare una Chiesa dell`ascolto: di prenderci una pausa dai nostri ritmi, di arrestare le nostre ansie pastorali per fermarci ad ascoltare. Ascoltare lo Spirito nell`adorazione e nella preghiera, ascoltare i fratelli e le sorelle sulle speranze e le crisi della fede nelle diverse zone del mondo, sulle urgenze di rinnovamento della vita pastorale, sui segnali che provengono dalle realtà locali. Infine, abbiamo l`opportunità di diventare una Chiesa della vicinanza che non solo a parole, ma con la presenza, stabilisca maggiori legami di amicizia con la società e il mondo: una Chiesa che non si separa dalla vita, ma si fa carico delle fragilità e delle povertà del nostro tempo, curando le ferite e risanando i cuori affranti con il balsamo di Dio”.
Francesco ha concluso il suo intervento con una preghiera che è un programma di lunga durata per la Chiesa: ‘Vieni, Spirito Santo. Tu che susciti lingue nuove e metti sulle labbra parole di vita, preservaci dal diventare una Chiesa da museo, bella ma muta, con tanto passato e poco avvenire. Vieni tra noi, perché nell`esperienza sinodale non ci lasciamo sopraffare dal disincanto, non annacquiamo la profezia, non finiamo per ridurre tutto a discussioni sterili. Vieni, Spirito d`amore, apri i nostri cuori all`ascolto. Vieni, Spirito di santità, rinnova il santo Popolo di Dio. Vieni, Spirito creatore, fai nuova la faccia della terra”.