Un grande progetto turistico che mira a riscattare una delle regioni più povere del Messico. Si chiamerà “Treno Maya”, un treno elettrico al 40% che correrà per 1.554 km con l’obiettivo di collegare siti archeologici a grandi hotel e lussuosi resort. Un progetto fortemente voluto dal presidente Andrés Manuel Lòpez Obrador che lo ha lanciato appena entrato in carica nel 2018, convinto che stimolerà il turismo negli stati che attraverserà: Chiapas, Tabasco, Campeche, Yucatan e Quintana Roo.
Nella regione di 13 milioni di abitanti la povertà è in media del 50 per cento, e in Chiapas raggiunge il 75 per cento. E’ una zona ricca di attrazioni, tra antichi villaggi Maya e piramidi, tutte però lontane dalle città e il trasporto è scarso e complicato. Il presidente sta investendo circa 10 miliardi di dollari per questo treno che però è osteggiato da molti, ambientalisti, indigeni, oppositori del governo. E da tanti abitanti che vedono minacciate le proprie abitazioni.
“Non mi piace chiamare il progetto Treno Maya perché non c’è niente di Maya – dice Guadalupe Gutierrez Caceres, residente di Campeche – è un progetto etnocida, ecocida, questo famoso trenino ci è stato imposto in modo estremamente doloroso perché da quando è arrivato due anni fa siamo dovuti partire, è un oltraggio”. Ci sono già 25 ricorsi legali che denunciano violazioni dei diritti ambientali e abitativi. Il Fondo Nazionale per lo Sviluppo del Turismo (Fonatur), responsabile del progetto, ha già cambiato il percorso: il treno non passerà più per il centro della città coloniale di Guadalupe, patrimonio dell’umanità, ma per la periferia.
Altri sono favorevoli. “E’ triste che sia sempre lo stesso problema, tutti i progetti da Campeche, a Villahermosa, da Tabasco allo Yucatan o Quintana Roo… quando ci danno un’opportunità finanziaria come questa del treno non la sfruttiamo”. E di fronte agli ostacoli legali, a novembre Lòpez Obrador ha dichiarato i suoi mega-progetti di “sicurezza nazionale”; in questo modo sarà difficile ostacolarli.