Pausa per Mattarella. Poi lavoro per discorso del 3 febbraio alla Camera

Pausa per Mattarella. Poi lavoro per discorso del 3 febbraio alla Camera
Sergio Mattarella
31 gennaio 2022

Giornata di pausa ieri per Sergio Mattarella, dopo la “pesante” settimana che ha visto come conclusione la sua rielezione a capo dello Stato, a tredicesimo presidente della Repubblica. Giornate convulse quelle a Montecitorio dove le Camere in sedute comune, con l’aggiunta dei delegati regionali, hanno provato per giorni a eleggere il suo successore. Arrivando però alla fine, dopo nomi bruciati e veti reciproci, a rivolgersi direttamente al capo dello Stato uscente. Il quale sia con le parole in occasioni ufficiali sia con i fatti (su tutti il trasloco da Palermo a un appartamento preso in affitto al centro di Roma, dove risiedere al termine del settennato) aveva fatto chiaramente intendere la sua indisponibilità al bis di mandato. E’ evidente però – di fronte a un sistema politico imballato e non in grado di indicare un nuovo presidente e davanti alla sollecitazione formale arrivata salendo al Colle dai gruppi parlamentari di maggioranza – che Mattarella ha ritenuto, come dichiarato sabato sera in televisione -, di non potersi sottrarre alla richiesta di un intervento.

In questo un elemento di continuità con Giorgio Napolitano, che di fronte ad analoga richiesta di bis, si espresse negli stessi termini. Mattarella ha preso atto della “protesta” dei gruppi, che di fatto – indicando sempre più numerosamente il suo nome sulle schede invece di seguire le indicazioni dei gruppi dirigenti che sollecitavano astensione o scheda bianca – hanno voluto interpretare gli interessi dei cittadini (e forse anche auspicando, attraverso la conferma di Mattarella e conseguentemente Draghi, di riuscire a evitare le elezioni anticipate). Il messaggio che è arrivato in Parlamento sembra essere chiaro: squadra che vince non si cambia. Lasciamo cioè Mattarella e Draghi al loro posto. Ecco allora che il capo dello Stato, certamente con un decisione non lieve considerando “le prospettive personali differenti” attese, ha deciso di continuare non sottraendosi “al rispetto delle decisioni del Parlamento”. Una conclusione della vicenda dove tutti stanno facendo a gara per intestarsi il merito della scelta nuovamente di Mattarella al Quirinale.

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Vincitori netti non ci sono, sconfitti forse sì, a cominciare da Matteo Salvini che non è riuscito a compattare il centrodestra su di un nome e proponendone (dopo la debacle della Casellati) continuamente di nuovi, puntualmente bruciati. Fra i semi vincitori possiamo indicare Enrico Letta e Silvio Berlusconi. Il primo ha avuto la pazienza di aspettare e tenere il Pd unito fino al nome di Mattarella (e Draghi di conseguenza). Il secondo, telefonando per primo a Mattarella e garantendogli il suo appoggio dopo sei votazioni e rompendo così il fronte del centrodestra. Senza dimenticare i contatti con Letta. Ponendosi, certo da vecchio leone ferito, come ancora un riferimento della coalizione. In questi giorni Mattarella lavorerà al discorso di insediamento, in programma alla Camera giovedì 3 febbraio (il giorno della scadenza del suo attuale mandato) alle 15.30. Sarà certamente un intervento ampio, dove sottolineerà senza dubbio la situazione, i motivi che lo hanno portato ad accettare questa nuova chiamata del Parlamento. E dove con ogni probabilità farà capire che il suo non sarà un incarico a tempo. Da Costituzione il mandato del presidente della Repubblica dura sette anni.

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