La Cina è sempre più un “concorrente quasi alla pari” con gli Stati uniti e sfida il paese più ricco del mondo su diversi fronti, in particolare quelli “economico, militare e tecnologico”. E’ questa la valutazione contenuta nel rapporto annuale sui rischi della direttrice dell’Intelligence nazionale Usa Avril Haines, pubblicato oggi. Pechino “è sempre più un competitor quasi alla pari e sfida gli Stati uniti in arene multiple – specialmente da un punto di vista economico, militare e tecnologico – oltre a spingere per un cambiamento delle norme globali e minacciare i suoi vicini”, spiega l’Intelligence Community Assessment 2022. “Il Partito comunista cinese (Pcc) continuerà (nei prossimi anni) i suoi sforzi per realizzare la visione del presidente Xi Jinping di rendere la Cina una potenza preminente in Asia orientale e una grande potenza sulla scena mondiale”, spiega il rapporto. “Il Pcc – prosegue il documento – lavorerà per spingere Taiwan verso l’unificazione, per tagliare l’influenza Usa e mettere cunei tra Washington e i suoi partner, oltre che produrre alcune norme che favoriscano il suo sistema autoritario”.
Questo non impedirà ai leader cinesi di “cercare opportunità di ridurre le tensioni con Washington, quando riterranno che sia nel loro interesse”. Ma certo Pechino manterrà la sua economia statalista – spiega il documento – perché “i leader della Cina vedono la direzione dello stato come necessaria per ridurre la dipendenza dalle tecnologie straniere, per consentire la modernizzazione militare e sostenere la crescita per il dominio del Pcc e per la sua visione di ringiovanimento nazionale”. Il rapporto segnala che Pechino “vede le relazioni sempre più competitive Usa-Cina come parte di un cambiamento geopolitico epocale e considerano le misure diplomatiche, economiche e militari di Washington contro Pechino come parte di un più ampio sforzo Usa d’impedire l’ascesa cinese e minare il governo del Pcc”. Quindi, da parte del partito guida cinese, si stanno accrescendo le critiche relative ai “fallimenti e ipocrisie percepiti Usa, compresi il ritiro dall’Afghanistan e le tensioni razziali negli Stati uniti”. Nonostante questa ascesa, tuttavia, la leadership cinese si trova di fronte “miriadi di sfide, in alcuni casi crescenti, sia interne che internazionali” le quali “probabilmente mineranno le ambizioni dei leader del Pcc”. Tra queste: il crescente invecchiamento della popolazione, gli alti livelli d’indebitamento delle aziende cinesi, l’ineguaglianza economica e la crescente resistenza alla strategia della mano dura contro Taiwan e altri paesi.
Un tema delicato trattato dal rapporto è proprio quello di Taiwan, che la Cina considera parte integrante del suo territorio. “Pechino spingerà Taiwan a muoversi verso l’unificazione e reagirà a quello che vede come un accresciuto impegno degli Usa nei confronti di Taiwan” si legge. “Noi ci attendiamo – continua – che le frizioni crescano, dal momento che la Cina continua ad accrescere la sua attività militare attorno all’isola e i leader di Taiwan resistono alla pressione di Pechino per procedere verso l’unificazione”. Se la Cina incorporasse Taiwan, d’altronde, si creerebbe una situazione pericolosa a livello globale, secondo il rapporto. “Un controllo della Cina su Taiwan probabilmente interromperebbe le catene di forniture globali per i chip semiconduttori, perché Taiwan ne domina la produzione”, spiega il rapporto. Altro punto caldo è la questione della proiezione cinese verso il mare aperto, con le ambizioni di Pechino sulla gran parte del Mar cinese meridionale e con la pressione sul Giappone per ottenere le isole Senkaku (Diaoyu in cinese).
Sul fronte del soft-power, invece, il rapporto della comunità d’intelligence Usa afferma che “Pechino continuerà a promuovere l’Iniziativa Belt and Road (BRI) per espandere la presenza economica, politica e militare all’estero”. In questo senso, però, Pechino modulerà il suo approccio in base alle sfide che dovessero crearsi in termini di reputazione, di sostenibilità e per minimizzare le critiche internazionali. In merito alle norme internazionali, Pechino enfatizzerà “la sovranità statale e la stabilità politica sui diritti internazionali” nel costituire una nuova normativa. Mentre, sempre sul fronte legale, a Hong Kong verranno “erose le vestigia della libertà”. Per quanto riguarda la competizione tecnologica, Pechino “resterà la maggiore minaccia per gli Usa”. Questo perché “Pechino usa una varietà di strumenti, dagli investimenti pubblici allo spionaggio, per far avanzare le sue capacità tecnologiche”. Questo aspetto della sfida cinese, secondo la comunità d’intelligence Usa, è particolarmente preoccupante: “La volontà di Pechino di usare spionaggio, sussidi e politiche commerciali per dare alle sue imprese un vantaggio competitivo rappresenta non solo una sfida in corso per l’economia Usa e per i suoi lavoratori, ma fa avanzare la capacità di Pechino di assumere la leadership dell’avanzamento e degli standard tecnologici mondiali”.
I fronti della tecnologia e della difesa, tra l’altro, continueranno a essere quelli di una crescente cooperazione con la Russia, altro avversario globale degli Usa. Secondo il rapporto, Pechino sta traendo lezione dalle operazioni d’influenza russe che usano “i social media e altre tecnologie contro società in Asia e altrove”. Pechino – secondo il rapporto – è “quasi certamente” in grado di “lanciare cyberattacchi che fermerebbero infrastrutture critiche e servizi negli Usa, compresi oleodotti e gasdotti, oltre che sistemi ferroviari”. Inoltre è leader nel mondo nell'”applicare la sorveglianza e la censura per monitorare la sua popolazione e reprimere il dissenso, in particolare tra le minoranze”. Inoltre, secondo la comunità d’intelligence americana, Pechino continuerà a “espandere la sua influenza globale d’intelligence e d’influenza coperta per meglio sostenere gli obiettivi politici, economici e di sicurezza del Pcc, oltre che quelli di sicurezza, sfidando sempre più l’influenza Usa”. In Asia orientale e nel Pacifico occidentale, sta sempre più cercando di “porre dubbi sulla leadership Usa e minare la democrazia”. Per quanto riguarda invece il tema del Covid-19, la Cina – a dire della comunità d’intelligence – “continuerà a diffondere disinformazione e a minimizzare i suoi fallimenti nella prima fase Nella disinformazione è inclusa anche l’accusa secondo la quale “gli Usa avrebbero creato Covid-19”.