Draghi avverte: non c’è economia di guerra ma prepararci

Draghi avverte: non c’è economia di guerra ma prepararci
Mario Draghi
11 marzo 2022

Al momento non si può parlare di “economia di guerra” ma bisogna “prepararci”, perché se l’Italia è “in grado di affrontare un rallentamento dell’economia temporaneo”, è anche vero che “la guerra e le sanzioni hanno aumentato le nubi sulla crescita”. Mario Draghi si presenta in conferenza stampa nel Salon d’Hercule della reggia di Versailles al termine del vertice informale dei capi di Stato e di governo dell’Ue senza nascondere i rischi per l’Europa e l’Italia, ma cercando di smorzare l’allarmismo.

Il premier era arrivato al summit (che oggi definisce “un successo”) con alcune priorità, a partire dalla convinzione che le difficoltà economiche causate dal conflitto e dalle conseguenze delle sanzioni possono essere affrontate solo a livello europeo. Il fabbisogno finanziario dell’Unione Europea per rispettare gli obiettivi di clima, di difesa e una politica dell’energia, spiega, “va da 1,5 a 2 e più trilioni di euro nei prossimi 5-6 anni”, cifre che “non hanno posto nel bilancio non dell’Italia, ma di quasi tutti i Paesi”. Il tema lo ha posto, facendo asse con il presidente francese Emmanuel Macron, consapevole però che per arrivare a strumenti come il debito comune o un nuovo Recovery c’è da scontrarsi con la netta opposizione dei Paesi cosiddetti “frugali”, Olanda in testa. Infatti di eurobond, ammette, non si è parlato perché “il momento non è maturo” ma la Commissione predisporrà una proposta per una risposta comune.

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Un piano, la stessa Commissione, lo sta elaborando anche per affrontare le difficoltà energetiche, altro punto fondamentale per l’Italia che dipende fortemente dal gas russo. Tra le ipotesi c’è quella di “introdurre un tetto ai prezzi del gas”, ma intanto il governo lavora per diversificare le fonti di approvvigionamento, e su questo, assicura, ci sono “buoni progressi”. Per ridurre le bollette occorre anche “staccare dal mercato del gas il prezzo dell’energia elettrica da fonti rinnovabili”, su cui l’obiettivo del governo è quello di “aumentare visibilmente gli investimenti”. Positivo anche, per Draghi, il “riconoscimento”, da parte della Commissione, del “tema della tassazione degli extraprofitti delle società elettriche che produrrebbe un gettito di circa 200 miliardi”. In attesa di eventuali nuove risorse, però, per l’Italia c’è da sfruttare appieno il Pnrr. “Non è che perché c’è la guerra restiamo fermi. Altrimenti mettiamo a rischio i finanziamenti di giugno e dicembre, è importantissimo continuare a svolgere quella agenda”, dice Draghi, con quello che appare un “richiamo” interno a chi, nel Paese, ipotizza revisioni o sospensioni del piano.

Per quanto riguarda la difesa comune, altro punto all’ordine del giorno, l’avanzamento, se di avanzamento si può parlare, è stato minimo. “Sulla difesa è stata una discussione breve ma interessante. Borrell ha detto che noi spendiamo per la difesa 3 volte quello che spende la Russia. E’ un dato che mi ha sorpreso, e quello che dobbiamo raggiungere è un coordinamento migliore di quello che abbiamo oggi”. Cosa che certo non potrà avvenire in tempi strettissimi: l’idea di Macron, come presidente di turno, è di riuscire a “incardinare” la questione entro maggio. Intanto però la guerra è alle porte dell’Europa. I Ventisette hanno ribadito il sostegno all’Ucraina, ma senza esprimersi (in attesa del parere della Commissione) sulla richiesta d’adesione d’urgenza all’Ue avanzata da Kiev. Del resto era ben chiaro fin dalla vigilia che non sarebbe stato quello di Versailles il contesto in cui arrivare a una decisione. “Nessuno – sottolinea – si aspettava un linguaggio aperto per una immediata adesione perché non è nel nostro Trattato però c’è stato un progresso. L’Italia è molto a favore ma rispettiamo il Trattato”.

Dai leader riuniti alla reggia è arrivato però il via libera a 500 milioni di euro di fondi per la fornitura di armi a Kiev. “Oggi – chiarisce – da quello che si può capire, Putin non vuole la pace, il piano sembra essere un altro. Mentre dico questo mi auguro che al più presto si arrivi a qualche spiraglio e personalmente faremo di tutto per esserci, per chiedere che si arrivi presto alla pace e faremo di tutto perché Putin e Zelensky arrivino a un accordo che però salvi la dignità dell’Ucraina”. E a questo proposito, il premier respinge anche l’ipotesi che Roma sia stata tenuta fuori dalle mediazioni diplomatiche: “Tutti i riscontri avuti in questi giorni vanno verso una richiesta di coinvolgimento e di un desiderio di presenza italiana. Il problema generale non è cercare un ruolo ma cercare la pace, è differente”.

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