Burocrazia, danno da 70 miliardi per l’agricoltura

3 marzo 2014

La burocrazia negli ultimi dieci anni ha “divorato” 100mila imprese agricole, costrette a chiudere per il peso opprimente dei tremendi costi e della farraginosità dei rapporti con la Pubblica amministrazione. Un danno all’agricoltura di oltre 7 miliardi l’anno: per la singola azienda equivale a due euro per ogni ora di lavoro, 20 euro al giorno, 600 euro al mese, 7.200 euro l’anno. Le allarmanti cifre, sono state elaborate dalla Cia (Confederazione italiana agricoltori), secondo cui, il 30 per cento dell’aggravio economico burocratico è addebitabile a ritardi, disservizi e inefficienze della Pubblica amministrazione. Un “carico” asfissiante che costringe ogni imprenditore agricolo a produrre nei 365 giorni carte e documenti che messe in fila, superano i 4 chilometri e con un peso che sfiora i 25 chili. Inoltre, occorrono otto giorni al mese per riempire i documenti richiesti dalla Pubblica amministrazione centrale e locale. In pratica, cento giorni l’anno. Un compito che difficilmente l’imprenditore agricolo può assolvere da solo e, quindi, nel 65 per cento dei casi è costretto ad assumere una persona che svolge questa attività o, per il restante 32 per cento, a rivolgersi a un professionista esterno, con oneri facilmente immaginabili. Le cifre, sempre secondo l’organizzazione degli agricoltori, diventano ancora più macroscopiche se si prende in considerazione l’insieme dell’imprenditoria del nostro Paese, che spende in burocrazia la bellezza di 61 miliardi di euro l’anno.

Un costo che, ridotto del 25 per cento, comporterebbe un aumento del Pil dell’1,7 per cento. Comunque, in agricoltura si riscontrano grandi difficoltà: oltre il 90 per cento degli agricoltori, secondo il sondaggio Cia, denuncia ostacoli e difficoltà per la propria attività a causa della burocrazia e chiede, quindi, una semplificazione amministrativa e fiscale che è ritenuta un fattore indispensabile per lo sviluppo. Asfissiate da questo “peso”, il 25,5 per cento delle aziende agricole ha messo da parte progetti di ammodernamento, innovazione e ricerca, il 21,5 per cento non ha compiuto alcun tipo d’investimento, il 18,7 è stato costretto a ridurre le coltivazioni e il 10 addirittura a chiudere. La Cia sottolinea che il maggiore onere che sopporta l’imprenditoria agricola italiana (94 per cento) è rappresentato dagli adempimenti “specifici” richiesti nel settore. Pesanti anche i “costi” dovuti al fisco (84 per cento) e alla sicurezza sul lavoro (75). Il 74,5 per cento delle imprese ritiene inoltre il costo degli obblighi burocratici un ostacolo alla propria attività produttiva: oltre il 78 per cento delle aziende interpellate sottolinea che la pressione fiscale e gli oneri previdenziali-contributivi costituiscono un pesante freno allo sviluppo e alla competitività.

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