Xi Jinping: Cina capofila di un’alternativa asiatica al polo statunitense-occidentale

Xi Jinping: Cina capofila di un’alternativa asiatica al polo statunitense-occidentale
Xi Jinping
21 aprile 2022

Mentre gli occhi del mondo sono puntati sulla guerra russo-ucraina e a livello globale si consolida una tendenza al conflitto e alla rinascita dei nazionalismi, la Cina di Xi Jinping tende sempre più a porsi come campione planetario d’interdipendenza e capofila di un’alternativa asiatica al polo statunitense-occidentale, oggi impegnato in un devastante conflitto con Mosca. “Non importa quanto sia cambiato e quanto cambierà il mondo, la Cina insisterà fermamente sulla riforma e l’apertura”, ha affermato oggi Xi parlando al Boao Forum per l’Asia, la “Davos cinese”. Il discorso del presidente della Repubblica popolare, per quanto non latore di sostanziali novità sulla linea di politica internazionale di Pechino, fornisce un punto d’osservazione su come vede la Cina il mondo post-guerra ucraina. “I fatti hanno provato ancora una volta che la mentalità da guerra fredda, l’egemonismo e la politica di potenza finiscono semplicemente per distruggere la pace globale”, ha affermato Xi parlando via video alle centinaia di delegati.

Il leader cinese ha richiamato i “principi della Carta delle Nazioni unite” che richiede il ricorso al dialogo e ai negoziati per risolvere i conflitti tra i paesi e ha ribadito che Pechino “sostiene ogni tentativo di risolvere una crisi attraverso mezzi pacifici, si oppone ai doppi standard, alle sanzioni unilaterali, alle giurisdizioni dal braccio lungo”, cioè l’applicazione di normative nazionali al di fuori della giurisdizione dei paesi. In questo senso, Xi ha sostanzialmente ripetuto formule che – come un mantra – fanno parte dell’arsenale diplomatico cinese da tempo. E ha inquadrato queste formule in un approccio che vede nell’interdipendenza la via per sostenere uno sviluppo di natura principalmente economica, che Pechino vede come il suo vero focus. Il tutto mentre altre grandi economie del mondo, a partire dagli Usa, hanno atteggiamenti che suggeriscono un trend a una più ampia autosufficienza la chiave per affrontare le transizioni in corso, come dimostra per esempio, la strategia di “reshoring” della produzione dei semiconduttori che il presidente Usa Joe Biden sta sostenendo da molti mesi a questa parte.

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Dal punto di vista di Xi, tutti i paesi del mondo “sono a bordo della stessa barca” e “ogni tentativo di lanciare in mare qualcuno sarebbe inaccettabile”, perché “la società internazionale si è sviluppata in una macchina complessa, delicata e organica, che ricadrebbe in gravi difficoltà se uno dei componenti fosse smantellato. Ne verrebbero danneggiati quello che viene smantellato, ma anche lo smantellatore”. Per questo motivo, “nel mondo di oggi ogni unilateralismo ed egoismo estremo sono fondamentalmente insostenibili”. Se si guarda il mondo dall’osservatorio di Pechino, in effetti, oggi le sfide sono principalmente nel campo economico e sanitario, a partire dal Covid-19, generato oltre due anni fa proprio in Cina, a Wuhan. Xi ha mantenuto la linea di difesa della strategia “Zero Covid dinamico”, che si sta applicando a Shanghai, la metropoli da 25 milioni di abitanti oggi in lockdown, recentemente abbastanza criticata in Cina e fuori. “Dobbiamo difendere assieme le vite e la salute dei popoli. La sicurezza e la sanità sono i prerequisiti per lo sviluppo e il progresso umano”, ha affermato Xi. “Sono necessari – ha continuato – più duri sforzi perché l’umanità conquisti la sua vittoria finale sul Covid-19”.

La pandemia, in realtà, sta avendo oggi un contraccolpo economico importante sulla crescita cinese. Il Fondo monetario internazionale ha rivisto al ribasso la stima di crescita della Cina per il 2022, fissandola al 4,4 per cento rispetto al 5,5 per cento posto come target dal governo di Pechino e all’8,1 per cento dello scorso anno. Un rallentamento così deciso potrebbe essere un problema per Xi, che quest’anno dovrà affrontare anche il cruciale appuntamento del Congresso del Partito comunista cinese. Tuttavia il presidente resta convinto che “i fondamentali dell’economia cinese – la sua forte resilienza, il suo enorme potenziale, l’ampio margine di manovra e la sostenibilità a lungo termine – rimangano immutati”. A consolarlo il dato di crescita dell’ultimo trimestre – +4,8 per cento – che è superiore a quello previsto da Pechino. Ma, a muovere contro l’ambizione cinese di diventare il nuovo motore dell’economia mondiale sono gli Stati uniti, che durante l’amministrazione Trump hanno lanciato una guerra commerciale volta a creare un disallineamento (il “decoupling” come viene spesso definito) tra le economie degli Usa e di Pechino. E questa politica è ancora oggi portata avanti in piena continuità dall’amministrazione Biden, attraverso dazi e sanzioni.

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D’altronde, Washington sta facendo di tutto per sfidare l’ascesa cinese anche sul fronte geopolitico. L’alleanza AUKUS, lanciata con Gran Bretagna e Australia, è particolarmente indigesta a Pechino che la considera, non a torto, direttamente volta contro la sua crescente capacità militare sul Pacifico. Così Xi si rivolge in particolare ai paesi asiatici, quelli coinvolti nell’Iniziativa Belt and Road, quelli che potrebbero diventare interlocutori anche da posizioni politiche non necessariamente vicine. “Noi dobbiamo cogliere l’occasione di creare un mercato in Asia più aperto e più grande”, ha incalzato il presidente cinese. “Nel presentare la resilienza, la saggezza e il potere asiatico, noi li trasformeremo nell’ancora della pace e della stabilità globale, una fonte crescita globale e un altopiano di cooperazione”.

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