Inizia la via crucis di Mario Draghi. Fino alle Politiche del prossimo anno, si ritroverà lungo il suo cammino una serie di mine vaganti piazzate soprattutto dai partiti usciti bastonati dalle Amministrative. Questa seconda metà di giugno sarà di “fuoco” per il premier. Le spine più dolorose al fianco del capo del governo saranno quelle leghiste e pentastellate. Matteo Salvini e Giuseppe Conte devono recuperare consensi a causa dell’emorragia scatenata dalle urne. “Urgente e doveroso il confronto con Draghi e Franco – fa sapere già a scrutinio finito Salvini -. Il problema è fine mese. Il Governo deve dare certezza che benzina e diesel abbiano prezzi accettabili per tutta l’estate”. Sono le prime avvisaglie che fanno il paio con quelle lanciate poche ore prima dal suo vice, Lorenzo Fontana: “Se la Lega non è lì (governo, ndr) per incidere allora tanto vale che non ci stia”. Un messaggio, nulla più. Perché nessuno uscirà dal governo fino alle Politiche. Sintomi di malessere che servono a richiamare l’attenzione dell’elettorato che ha appena punito il partito. Ma per Draghi sarà un duro lavoro. Stesso copione recita il presidente “sospeso” dei 5stelle. Con un particolare di non poco conto: al di là del suo ruolo ambiguo nel movimento, l’azione politica di Conte continua a rimanere condizionata dal Garante Beppe Grillo e dal governista Luigi Di Maio.
Intanto, l’ex premier cercherà di sguainare la spada del termovalorizzatore di Roma. Una questione, però, che per Conte rischia di trasformarsi in una strada senza uscita: o il capo dei 5stelle farà un passo indietro dopo che a più riprese ha chiarito come la costruzione dell’impianto costituisca la “linea rossa” da non oltrepassare per evitare un’uscita dei grillini dalla maggioranza; oppure dovrà tirare dritto e portare al voto il relativo emendamento pentastellato al Dl Aiuti all’esame della Commissione Bilancio e Finanze della Camera dove troverà la netta opposizione del Pd. Dal 20 giugno, le Commissione passeranno al voto. Altra data segnata in rosso per Draghi è quella del 21 giugno, giorno in cui il premier dovrebbe riferire in Senato sulla guerra in Ucraina chiedendo di votare il nuovo pacchetti di aiuti, armi comprese. Una soluzione mal vista sia dal Movimento 5 Stelle sia dalla Lega, che continuano a spingere verso una soluzione più pacifista. Conte, tra l’altro, potrebbe imporre ai parlamentari pentastellati di non votare la risoluzione di maggioranza chiedendo invece una soluzione che non preveda nuovi invii di armi all’esercito ucraino. Ma anche in questo caso, per l’ex premier sarebbe una strada senza uscita. Dopo una tregua estiva, per Draghi il campo di battaglia si ripresenterà a settembre, quando si apriranno i cantieri della Legge Finanziaria. Ma questa è un’altra storia.