Mario Draghi ha presentato le sue dimissioni, dopo il voto di fiducia in Senato a cui il M5s non ha partecipato. Dimissioni respinte dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il quale ha invitato il premier a presentarsi mercoledì alle Camere per “una valutazione della situazione”. Cinque giorni di tempo che hanno subito dato il via a un pressing da parte di alcuni partiti per indurre a un ripensamento il presidente del Consiglio, che però al momento, secondo chi ci ha parlato, sembra “irremovibile”. Come ha detto ai ministri in Cdm, infatti, è “venuto meno il patto di fiducia” e la maggioranza “non c’è più”.
Parole che sembrano lasciare pochi margini, così come il linguaggio del corpo. Secondo quanto riferisce un ministro, infatti, al termine delle parole di Draghi c’è stato un applauso e subito dopo ha preso la parola il ministro del Lavoro Andrea Orlando, per chiedere un “ripensamento”. Una proposta su cui, però, non ci sarebbe stato un confronto, perché lo stesso presidente del Consiglio avrebbe chiuso la riunione con un eloquente gesto delle braccia, come a dire: “Basta così”. “Non mi sembra che ci siano spazi per un ripensamento”, commenta un ministro.
Il Quirinale, a quanto si apprende, avrebbe insistito per il passaggio parlamentare come fu per il Conte II pur avendo condiviso con il premier le difficoltà di oggi e quelle che si vedono in prospettiva. Inoltre a suggerire l`attesa di qualche giorno per le dimissioni c`è il viaggio in Algeria del premier (lunedì e martedì) che va portato a termine nei pieni poteri. I partiti, Pd in testa, però non si scoraggiano. “Ci sono cinque giorni per lavorare affinché il Parlamento confermi la fiducia al Governo Draghi”, twitta Enrico Letta e anche il gruppo di Luigi Di Maio auspica che si formi “una solida maggioranza a sostegno di questo governo”, mentre per la Lega “è impensabile che l’Italia debba subire settimane di paralisi in un momento drammatico come questo, nessuno deve aver paura di restituire la parola agli italiani”.
Draghi, come detto, al momento appare determinato a non tornare indietro. “Mercoledì andrà in Parlamento e anche se ci sarà un voto a larga maggioranza a suo favore tornerà da Mattarella per confermare le dimissioni”, confida una fonte di governo. In politica, però, mai dire mai: “Con la situazione sui mercati, la guerra, lo spread, l’Europa senza guida, le tensioni sociali, se tutti i partiti della maggioranza confermassero non la fiducia ma la determinazione ad andare avanti la situazione potrebbe cambiare”, è l’auspicio di un parlamentare di primo piano.