Riforma giustizia tributaria, obiettivo tagliare contenzioso. Magistrati a tempo pieno

Riforma giustizia tributaria, obiettivo tagliare contenzioso. Magistrati a tempo pieno
9 agosto 2022

Abbattere le pendenze arretrate con un basso impatto (stimato) sul gettito per l’Erario. E’ l’obiettivo della riforma della giustizia tributaria che oggi ha ricevuto il via libera dalla Camera e potrà essere convertita in legge. Montecitorio ha definitivamente approvato il Ddl “Disposizioni in materia di giustizia e di processo tributario” con 288 voti favorevoli e 11 contrari (27 gli astenuti, tra questi i parlamentari Fdi). Il disegno di legge rientra tra gli impegni assunti con il Pnrr, per quanto riguarda, in particolare, l’obiettivo di ridurre il numero di ricorsi alla Corte di cassazione e consentire una loro trattazione più spedita. I dati statistici riferibili alle controversie in Cassazione, infatti, riportati nella Relazione sull’amministrazione della giustizia nell’anno 2021, mostrano l’elevata incidenza, pari al 42,6%, delle controversie di natura tributaria rispetto al totale dei procedimenti civili (in particolare i ricorsi in materia tributaria sono 47.364 su un totale di 111.241).

Nonostante l’elevato numero di vertenze tributarie, il 2021 ha comunque fatto registrare una diminuzione del contenzioso tributario di nuova iscrizione, che è passato dai 9.840 ricorsi del 2020 ai 9.339 nel 2021 (segnando così una riduzione pari al 5,1% rispetto al 2020); una riduzione del numero dei ricorsi tributari pendenti, che è passato da 53.482 del 2020 a 47.364 nel 2021 (6.118 in meno rispetto all’anno precedente). Per completezza si evidenzia che, al 31 dicembre 2021, il contenzioso tributario ha rappresentato il 42,6% del totale dei procedimenti incardinati nella giustizia civile (in leggero calo rispetto al dato registrato nell’anno 2020, del 44,4%); – un incremento del numero di ricorsi tributari definiti con la pubblicazione del provvedimento, passato da 9.070 nel 2020 a 15.518 nel 2021, con un incremento del 71% rispetto all’anno precedente.

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Il provvedimento che ha avuto il via libera dalla Camera, si compone di otto articoli e interviene principalmente sul decreto legislativo 545 del 1992, modificando, in particolare, la denominazione delle attuali commissioni tributarie che da provinciali, regionali si chiameranno ’corti di giustizia tributaria di primo grado’, ’corti di giustizia tributaria di secondo grado’ e ’corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado’. Viene quindi stabilito che la giurisdizione tributaria è affidata all’esercizio esclusivo da parte di magistrati tributari professionali a tempo pieno, assunti tramite concorso pubblico. Il relativo organico sarà di 448 unità presso le corti di giustizia tributaria di primo grado e di 128 unità presso le corti di giustizia tributaria di secondo grado.

Tornando alla Relazione, il documento evidenzia anche che nel 2021, il valore economico complessivo dei ricorsi definiti è di circa di 9.4 miliardi di euro: L’Agenzia delle Entrate è l’attore più importante, con 7.994 ricorsi (pari al 51,7% del numero di ricorsi definiti) per un valore economico di quasi 7 miliardi di euro (pari al 73,3% del valore complessivo); pur prendendo atto di un trend di miglioramento nella gestione dei procedimenti tributari rispetto al passato, grazie all’efficace attività di smaltimento dell’arretrato dei contenziosi in materia tributaria, specialmente quelli più risalenti, e all’effetto dei regimi premiali di definizione delle liti, la Relazione auspica l’esigenza di interventi finalizzati alla riduzione dei tempi di decisione dei procedimenti, in linea con quanto richiesto peraltro dal PNRR.

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E la condizione assolutamente necessaria affinché questi obiettivi possano essere raggiunti – si sottolinea nella Relazione – è una soluzione normativa che comporti un’immediata diminuzione dello stock delle pendenze, così da rendere realistica l’attuazione di un piano organizzativo straordinario interno alla Corte per il conseguimento degli obiettivi stessi. L’unica misura realmente efficace è la definizione agevolata delle liti pendenti, introdotta dall’articolo 5 del provvedimento approvato dalle Camere.

Tale provvedimento, a differenza di un condono fiscale, non è finalizzato a reperire liquidità per l’erario, ma essendo limitato alle controversie di minor valore, costituisce di fatto una forma di definizione della lite parametrata ad una quantificazione dell’alea di giudizio (si paga meno in caso di doppia soccombenza dell’ufficio, di più di fronte ad una soccombenza in un solo grado, mentre non è possibile accedere alla definizione agevolata in caso di doppia soccombenza del contribuente). In pratica, con un sacrificio stimato di gettito davvero modesto (ed al netto dell’elevata percentuale di inesigibilità dei crediti erariali di che si tratta) si può ottenere un effetto del tutto pregiudiziale ad ogni -serio- tentativo di risolvere la situazione di profonda crisi di un settore nevralgico della giurisdizione, così come appunto riconosciuto nello stesso PNRR.

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