Ungheria, l’ultimatum della Ue sullo stato di diritto

Ungheria, l’ultimatum della Ue sullo stato di diritto
Viktor Orban e Ursula Von Der Leyen
18 settembre 2022

La Commissione europea ha presentato oggi a Bruxelles una “proposta di decisione attuativa” del Consiglio Ue contro le violazioni dello stato di diritto in Ungheria che mettono a rischio la corretta gestione del bilancio comunitario. L’Esecutivo comunitario chiede al Consiglio di sospendere il 65% degli impegni finanziari di tre programmi delle politiche di coesione (il Programma operativo per l’efficienza ambientale ed energetica, il Programma operativo per il trasporto integrato, e il Programma operativo di sviluppo territoriale e degli insediamenti), per un ammontare complessivo di 7,5 miliardi di euro, un terzo di tutti i fondi di coesione dell’Ue per l’Ungheria nell’attuale periodo di programmazione 2021-2027. E’ la prima volta che la Commissione applica il Meccanismo di condizionalità dello stato di diritto, un regolamento che è in vigore dal primo gennaio 2021. La procedura era stata avviata il 27 aprile scorso, con una notifica scritta al governo ungherese, in cui l’Esecutivo comunitario elencava tutti i rilievi che giustificavano il ricorso a questo strumento. 

Il Consiglio Ue ha ora un mese per approvare la decisione a maggioranza qualificata (senza la partecipazione al voto del paese interessato, in questo caso l’Ungheria). Tuttavia, il Consiglio ha la possibilità, invocando “circostanze eccezionali” di estendere questa fase decisionale di altri due mesi. E in realtà è la Commissione stessa che chiede al Consiglio di ricorrere a questa possibilità: le circostanze eccezionali che giustificano il rinvio stanno, chiaramente, negli impegni che il governo ungherese ha preso, con due lettere inviate a Bruxelles il 22 agosto e il 13 settembre, sull’attuazione di 17 specifiche misure concrete. Queste misure correttive proposte, secondo la Commissione, “potrebbero in linea di principio affrontare i problemi sollevati, se saranno correttamente dettagliate nelle leggi e nelle norme pertinenti, e attuate di conseguenza”. In sostanza, se applicate pienamente e correttamente, le misure promesse eliminerebbero il rischio individuato per la corretta gestione del bilancio Ue, come ha precisato il commissario europeo responsabile del bilancio stesso, Johannes Hahn, durante una conferenza stampa in cui ha illustrato la decisione di Bruxelles.

La Commissione ha perciò fissato un calendario molto stringente per la formalizzazione e l’attuazione nei prossimi due mesi delle misure che considera più importanti (tra cui la creazione di una “Autorità indipendente per l’integrità”, con vasti poteri d’intervento, e di una nuova Task Force” anti-corruzione), e ha annunciato che valuterà di nuovo la situazione il prossimo 19 novembre. A quel punto, se le misure attuate dal governo di Budapest saranno convincenti e in linea con gli impegni presi, la Commissione modificherà o ritirerà la proposta di decisione del Consiglio Ue, rinunciando a bloccare i fondi comunitari per l’Ungheria. Altrimenti la procedura andrà avanti. Il Meccanismo di condizionalità, ha avvertito Hahn, potrebbe essere riattivato in qualsiasi momento se, una volta ottenuto il ritiro della proposta di sospendere i fondi Ue, il governo ungherese facesse marcia indietro, o non applicasse pienamente le misure correttive adottate. Oltre al congelamento dei finanziamenti nei tre programmi di coesione, la Commissione ha chiesto al Consiglio Ue di imporre all’Ungheria che nessun impegno legale sia assunto con alcun fondo fiduciario (“trust”) di interesse pubblico, o con qualsiasi entità da essi gestita, nell’ambito di qualsiasi programma dell’Unione in gestione diretta e indiretta.

Questo divieto risponde alla preoccupazione di evitare che i “trust” di interesse pubblico (i cui dirigenti sono spesso legati al governo o al partito dominante) continuino, come avvenuto finora, a gestire direttamente o indirettamente i programmi comunitari senza che vi sia alcuna norma per impedire i conflitti d’interesse. Nel prendere la sua decisione, la Commissione si è attenuta rigorosamente alle indicazioni della Corte di Giustizia europea, che il 16 febbraio 2022 aveva respinto un ricorso dell’Ungheria e della Polonia contro il regolamento sul Meccanismo di condizionalità, precisando tuttavia che il regolamento andava applicato non a tutte le violazioni dello stato di diritto, ma solo a quelle che comportano effettivamente un rischio dimostrabile per la corretta gestione del bilancio comunitario. La Commissione, che ha preso in conto queste precisazioni nelle sue “linee guida sul regime generale di condizionalità”, pubblicate il 2 marzo 2022, ha concentrato la sua azione su quella parte dei fondi comunitari che viene attribuita attraverso appalti pubblici, dove effettivamente il malfunzionamento dello stato di diritto può tradursi in conflitti d’interesse, corruzione, mancanza di condizioni di parità e assegnazioni truccate.

Questo vale soprattutto per i fondi di coesione, e molto meno, ad esempio, per i fondi agricoli della Pac, che sono in gran parte assegnati con pagamenti diretti agli agricoltori. Nella sua notifica del 27 aprile, quando ha avviato la procedura del Meccanismo di condizionalità, la Commissione rilevava i seguenti problemi nel sistema degli appalti pubblici in Ungheria: irregolarità sistemiche, carenze e debolezze nelle procedure degli appalti pubblici; un alto tasso (oltre il 50%°, rispetto a una media Ue del 15%) di procedure di gara con un unico candidato partecipante, o una bassa intensità di competizione nelle gare; problemi relativi all’uso degli accordi quadro; la mancata individuazione, prevenzione e correzione dei conflitti di interesse, in particolare in riferimento ai fondi fiduciari di interesse pubblico. La Commissione sottolineava inoltre che “questi problemi e la loro ripetizione nel tempo dimostrano un’incapacità sistemica, il fallimento o la riluttanza, da parte delle autorità ungheresi, a impedire decisioni che violano la legge applicabile in materia di appalti pubblici e conflitti di interesse, e quindi ad affrontare adeguatamente i rischi di corruzione”.

Tutti questi elementi, aggiungeva l’Esecutivo comunitario, “costituiscono delle violazioni dei principi dello Stato di diritto, in particolare i principi della certezza del diritto e del divieto di arbitrarietà dei poteri esecutivi, e sollevano preoccupazioni in merito alla separazione dei poteri”. Con la sua proposta di decisione di oggi, la Commissione, usando uno strumento di cui finora non disponeva, ha imposto finalmente un costo, 7,5 miliardi di euro, a queste violazioni sistemiche dello stato di diritto in Ungheria, almeno nelle aree che riguardano la corretta gestione gli appalti pubblici in cui sono coinvolti i fondi di coesione. Il governo di Budapest potrà difficilmente sottrarsi ai suoi obblighi, accettando di pagare quel costo.

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