E’ una prima volta, ma per tanti versi è anche la chiusura di un cerchio. Giorgia Meloni, come presidente del gruppo dei Conservatori e riformisti, può essere considerata di casa in Europa. Eppure, gli incontri di oggi con i vertici delle istituzioni comunitarie in qualità di premier in carica, hanno quasi il sapore del debutto in società. Non solo perché bisogna dare risposte a quel certo scetticismo che in alcune cancellerie ha accompagnato la nascita del primo esecutivo di destra-centro in Italia, ma anche perché negli anni – seppure con toni che magari si sono modificati nel tempo – a sua volta l’euroscetticismo è stato una cifra della politica estera del partito della presidente del Consiglio.
I colloqui di oggi – prima al Parlamento europeo con Roberta Metsola, poi con la presidente della Commissione Ursula von der Leyen e infine con il numero uno del Consiglio europeo Charles Michel – rappresentano il primo viaggio all’estero per Meloni premier e precedono ‘l’esordio’ tra i capi di Stato già in programma prima alla Cop27 di Sharm el Sheik e poi, a metà mese, al G20 di Bali. Nei tre incontri la presidente del Consiglio ribadirà che, nonostante certe uscite fuori linea degli alleati (vedi le teorie filoputiniane di Berlusconi o le dichiarazioni fatte in Senato dal capogruppo della Lega Massimiliano Romeo), il governo italiano è convintamente a fianco della resistenza ucraina, con l’Occidente e con la Nato. E’ sarà certamente questo il terreno su cui potrà più agevolmente mostrare la propria affidabilità.
Rispetto all’Europa, invece, Meloni sarà costretta a destreggiarsi su un doppio binario: da una parte sperare di ottenere delle aperture sulle modifiche al Pnrr e cercare sponda sul grande tema dell’energia, dall’altro continuare a professare i suoi dubbi su certi meccanismi comunitari. Il biglietto da visita con cui si presenta a Bruxelles è affidato a una serie di dichiarazioni rilasciate a Bruno Vespa per il suo libro che odorano di sovranismo. “Una politica estera europea non esiste: sulla Libia siamo andati in ordine sparso e la stessa cosa è accaduta sulla crisi ucraina. Poi, invece, vediamo che l’Europa deve occuparsi di gender…”. La sua idea, spiega, è piuttosto “quella di un’Europa confederale in cui viga il principio di sussidiarietà. Non faccia Bruxelles quello che può fare meglio Roma, non agisca Roma lì dove, da soli, non si è competitivi”.
Uno dei temi centrali, soprattutto nell’incontro con Von der Leyen, sarà quello delle eventuali modifiche al Pnrr. Non a caso la presidente del Consiglio si fa accompagnare in questa visita dal ministro per gli Affari europei, il fidatissimo Raffaele Fitto, che ha anche l’importante delega sul Piano. Per le istituzioni europee non c’è spazio per “modifiche sostanziali” mentre Meloni continua a insistere che alcuni obiettivi erano stati fissati prima che scoppiasse la guerra in Ucraina e hanno per forza di cose bisogno di essere rivisti. Tuttavia, dalla Commissione si spiega che per affrontare il problema legato alla crisi energetica c’è già una strada ed è quella della possibilità di introdurre un nuovo capitolo nel Pnrr riguardo agli obiettivi del pacchetto Repower Eu, che mira a liberare l’Europa dalla dipendenza dalla Russia e dalle fonti fossili. D’altra parte quello della crisi energetica è un tema che la presidente del Consiglio si era impegnata ad affrontare per primo. L’obiettivo del tetto al prezzo del gas, fortemente voluto dal governo Draghi, resta nella whish list di Meloni ma continua ad avere in Europa la fondamentale opposizione della Germania di Olaf Scholz.
Se questi sono i dossier principali, ce ne sono altri che potrebbero essere affrontati nei colloqui di oggi e comunque lo saranno nelle interlocuzioni tra Paesi membri e istituzioni nelle prossime settimane. Il primo è quello della gestione dell’immigrazione irregolare. Sul tavolo c’è l’ipotesi di nuovi accordi che ritocchino le regole di Dublino sul Paese di prima accoglienza e introducano criteri ‘fessibili’ sulla redistribuzione. In Europa si chiedono che tipo di atteggiamento avrà il governo Meloni, vista anche la presenza di Matteo Salvini che all’epoca dell’esecutivo gialloverde da numero uno del Viminale non partecipò neppure a una delle riunioni formali del Consiglio Ue degli Affari interni dedicate all’argomento. Altro tema fondamentale sarà quello della revisione del Patto di stabilità, la cui proposta di riforma dovrebbe essere presentata dalla Commissione il 9 novembre. Su questo punto a Bruxelles ci si aspetta che l’attuale presidente del Consiglio sia in continuità con chi l’ha preceduta.
Importante sarà il rapporto che il ministero dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, stabilirà con il commissario Paolo Gentiloni. Infine, c’è la questione dell’ambiente e degli impegni anti inquinamento previsti dal Green new deal. Il timore, visto dai vertici europei, è che l’Italia possa cambiare la sua posizione rispetto al passato. Nel suo discorso di insediamento alla Camera, Meloni aveva parlato della necessità di un ecologismo “conservatore” in contrapposizione con “l’ambientalismo ideologico”.