Migranti, l’Ue annuncia nuovo piano. Ma in passato tanti flop

Migranti, l’Ue annuncia nuovo piano. Ma in passato tanti flop
19 novembre 2022

L’Europa ci riprova. Altri vertici, altro piano migranti. Prossima tappa, il 25 novembre a Bruxelles dove è in programma una riunione straordinaria dei ministri degli Interni europei. Un vertice già programmato a dicembre ma anticipato in vista di un’azione che si presume in tempi rapidi sul dossier migranti. Fonti Ue sottolineano che “si lavorerà intensamente a un accordo politico sui principali punti” sul tavolo e “in particolare sull’intesa sui ricollocamenti e su una gestione trasparente ed equa dei flussi migratori”. In merito al piano europeo sui migranti in preparazione “intendiamo dare il nostro contributo, ci sarà una proposta dell’Italia, che è quella condivisa con i Paesi di primo ingresso, ma non credo andrà molto lontano da quella della Commissione”, ha detto il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. Insomma, questa volta sembra che si faccia sul serio. E se così è, vuol dire che il governo Meloni ha colpito nel segno.

Intanto, registriamo l’ennesimo piano migranti che l’Europa si appresta a varare. E che va a sommarsi al guazzabuglio normativo che attualmente regna in mare e in terra: il diritto internazionale del mare, la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (Unclos), il Regolamento di Dublino, il Safety of life at sea (Solas), la Sar, la convezione Salvage. Punto di sintesi delle diverse convenzioni è il soccorso rapido di eventuali naufraghi, a cui deve essere garantito lo sbarco in un luogo sicuro (codificato nell’acronimo “Pos” dalle parole “place of safety”). Per non parlare di tutti gli accordi siglati negli ultimi decenni, spacciati per “storici” ma che finora hanno prodotto i drammatici risultati riportati puntualmente dalla cronache. A partire dall’intesa dello scorso 10 giugno che ha dato il via libera a un nuovo meccanismo di redistribuzione dei migranti all’interno dell’Ue e che finora è risultato un sonoro flop. E dire che il commissario europeo agli Affari interni, Ylva Johansson, l’aveva definito “storico”. Ma dopo un paio di mesi è stato per primo Vincent Cochetel, l’inviato speciale dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) a bocciare l’accordo sul ricollocamento volontario dei migranti, ritenendolo “morto”.

Altro accordo “storico” è quello annunciato in pompa magna dal governo Conte 2, siglato a Malta nell’ottobre 2019, con l’allora ministro dell’Interno Luciana Lamorgese. Nessun documento vincolante, niente dettagli trascritti, nulla che possa in qualche modo portare ad una svolta su due punti che l’Italia riteneva centrali nella questione migratoria: redistribuzione dei migranti e rotazione dei porti di sbarco. Quindi, altro flop. Come un altro fallimento è stato il cosiddetto piano Juncker del 2015: prevedeva rimpatri più veloci, hotspot nei paesi di arrivo per distinguere chi ha diritto alla protezione internazionale e chi no, una lista di paesi sicuri per regolare le domande d’asilo. E anche la ricollocazione di 160mila profughi tra i paesi dell’Ue, e una stretta sulle identificazioni. Un piano che sin da subito faceva acqua da tutte le parti, non a caso lo stesso “padre” del documento, l’allora presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, tra amarezza e ironia dichiarava: “Di questo passo li ricollocheremo nel 2101”. Risultati fallimentari che, tra l’altro, sono supportati da un fiume di danaro. Infatti, l’Europa ha rimpinguato le casse del Fondo asilo, migrazione e integrazione con altri 10 miliardi di euro circa (9.882 miliardi) che servono a finanziare le operazioni sull’immigrazione dal 1 gennaio 2021 al 31 dicembre 2027. In soldoni, quasi 1 miliardo e mezzo di euro all’anno! 

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