“La polemica sul 3% per i reati fiscali e sul mio assistito Silvio Berlusconi c’entra con la partita per il Quirinale? Io rispondo di sì, altrimenti perché Matteo Renzi promette che la pratica sarà rinviata a presidente eletto e dopo la fine dei servizi sociali a Cesano Boscone?”. Lo ha affermato il professor Franco Coppi, avvocato di Silvio Berlusconi, circa la norma salva Berlusconi inserita dopo il Cdm di Natale nel decreto fiscale congelato poi dal premier Matteo Renzi fino a fine febbraio, quando sarà eletto il nuiovo capo dello Stato e sarà concluso l’affidamento ai servizi sociali di Berlusconi.
Andreotti “mi ripeteva – ricorda Coppi a ‘Il fatto quotiodiano- sull’ex premier dc anch’egli da lui difeso – che le notizie non vanno corrette o smentite, è dannoso. Ma io un ragionamento lo voglio fare” . “Quel che posso evidenziare – ha sottolineato- è che il Tesoro e palazzo Chigi non potevano non sapere l’esistenza del codice. E mi domando: perché ieri ritenevano giusta la legge e oggi è sbagliata? Questo è l’aspetto che mi preoccupa e comprendo chi lo solleva: il provvedimento appare legato alle trattative per il Quirinale, utilizzato come un messaggio mentre ci avviciniamo all’appuntamento per la successione di Giorgio Napolitano. È scorretto per i cittadini che potrebbero beneficiare della soglia del 3% e per il Berlusconi politico. Per fortuna, il problema non mi riguarda”. Infine, ha aggiunto Coppi, “assicuro che non sono in disaccordo con Niccolò Ghedini: difendiamo assieme Berlusconi, altrimenti sembriamo due cretini”. E “aggiungo che non ho mai incontrato il ministro Pier Carlo Padoan”.
IN PRECEDENZA, DELRIO: “Questo Paese ha bisogno di attuare la delega fiscale. Tornare nell’immobilismo democratico, per cui se ci sono diversi pareri non si decide nulla, non è più possibile. Detto ciò, quello uscito è il testo discusso e approvato. Non c’è nessuna manina che finito il Consiglio abbia inserito o tentato di inserire alcunché, ma siamo pronti a cambiarlo”. Il sottosegretario alla Presidenza Graziano Delrio ha assciurato che, epurato dalla norma salva Berlusconi, il decreto di attuazione della delega fiscale ritirato dal premier Matteo Renzi, arriverà comunque in porto. “Lo spirito del provvedimento – ha spiegato Delrio al Messaggero- non deve cambiare. Dobbiamo aumentare le pene sui casi più gravi, ma vanno depenalizzati gli errori fiscali che non costituiscono frode e che introducono un blocco nel rapporto tra fisco e cittadini. Non credo che ci sia nessun problema a tenere aperto il provvedimento fino a quando non si trova un equilibrio che possa evitare qualsiasi cattiva interpretazione”. “Quel Consiglio – ha poi raccontato sulla riunione del Governo che ha approvato il decreto senza la norma, poi presente nella versione defintiva del testo- ha discusso della delega fiscale, che è un enorme passo in avanti per questo Paese, perché abbiamo un sistema che si concentra sui piccoli evasori lasciando immuni i grandi. Il punto è che se tutto è penale poi si finisce che nulla è penale. Su questo si intendeva e si intende intervenire. Sul fatto se si dovesse includere o meno soglie percentuali o assolute, c’è stata una discussione che ha prodotto il testo poi pubblicato. Mi stupisco di chi si stupisce che il testo uscito dal consiglio sia diverso da quello entrato”.
D’altra parte, ha sottolineato ancora il Sottosegretario alla presidenza, “nessuno ha mai pensato e nemmeno è stato mai stato detto di produrre un testo a favore di qualcuno o contro qualcun altro. I testi legislativi si fanno per rendere questo Paese più civile. Se poi ci sono dei dubbi, il testo può essere riesaminato come ha detto il presidente del Consiglio, in modo da fugare qualsiasi sospetto di favoritismi. Però francamente la discussione in consiglio dei ministri è stata molto serena”. “Quando esce un testo – ha quindi concluso Delrio negando un conflitto fra palazzo Chigi e via XX Settembre- la responsabilità è sempre della collegialità del Consiglio dei ministri. Nel Consiglio il tema è stato dibattuto ampiamente. C’è chi parlava del 3 per cento, chi di una soglia economica di 150mila euro, su questo ogni tecnico ha la sua teoria. E comunque, pur non essendo un giurista, sono abbastanza certo che la norma non si applica al caso del dottor Berlusconi. Comunque il tema fondamentale di cui abbiamo dibattuto era un altro: in questo Paese ci sono meno di cento persone in galera per evasione fiscale”.