Molecole organiche su Marte, tracce di vita o residui geochimici?

Molecole organiche su Marte, tracce di vita o residui geochimici?
15 luglio 2023

Di recente si è tanto parlato della scoperta di molecole organiche su Marte, rinvenute nel cratere Jezero in alcune rocce vulcaniche analizzate dallo spettrometro Sherloc (Scanning Habitable Environments with Raman and Luminescence for Organics and Chemicals) del rover della Nasa Perseverance. Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica Nature, rivela che alcuni campioni di roccia hanno mostrato segnali (di fluorescenza e Raman) di possibili sostanze organiche, in particolare in presenza di sali, come solfati e carbonati che hanno riempito i pori delle rocce accumulando, appunto, anche materia organica. Il che fa pensare che sul pianeta rosso ci sia un ciclo geochimico molto più complesso di quanto si credesse. Askanews ne ha parlato con Teresa Fornaro, scienziata italiana all’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) di Arcetri (Fi) che fa parte del team di ricerca ed è una delle autrici dello studio, guidato da Sunanda Sharma, del Jet Propulsion Laboratory (Jpl) della Nasa. 

“Per il momento – ha spiegato – siamo vagliando diverse ipotesi; un’ipotesi è quella di molecole sintetizzate attraverso processi geochimica, abiotici, acquosi, avvenuti in queste rocce, quindi senza senza l’intervento della vita. Un’altra ipotesi è quella che è queste molecole siano state sintetizzate nello Spazio, per via abiotica e poi trasportate delle meteoriti su Marte e accumulate in queste rocce. Ancora, un’altra ipotesi che, comunque, non è possibile escludere al momento, è anche che queste molecole possono essere, in realtà, delle rimanenze di molecole biologiche che, nel corso di miliardi di anni, hanno subito delle alterazioni, in seguito a un irraggiamento (ultravioletto, raggi cosmici galattici, particelle energetiche solari) che è molto intenso sulla superficie di Marte e anche la presenza di ossidanti che degradano la materia organica”.

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Al momento nessuna ipotesi è esclusa e le indagini continuano ma analisi più approfondite potranno essere fatte solo quando i campioni arriveranno sulla terra con la missione Mars Sample Return. Forse, però, al netto dei ritardi, una mano in più potrà darla, anche la nuova missione europea Exomars 2028 dell’Esa, con trivella e strumenti italiani che potrà indagare anche il sottosuolo del pianeta rosso fino a una profondità di 2 metri, dove le eventuali molecole organiche sono protette dalle nocive radiazioni della superficie.

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